Recentemente ho organizzato e svolto una degustazione alla cieca (bottiglie coperte) con alcuni miei clienti appoggiandomi ad una splendido ristorante/b & b della zona messa a disposizione dal gestore (Giuseppe) assieme ai 75 calici in cristallo al piombo necessari!
A concepire e realizzare i necessari abbinamenti gastronomici due giovani fratelli “rapiti” agli ascolani: Flavia e Stefano Esposto veri “animali da cucina e da sala”!
Tutto è avvenuto in totale libertà gustativa ed espressiva come amici che discutono con spontaneità e con un linguaggio semplice su dei vini con le etichette coperte senza sapere CHI le produce, quanto costano ed altri elementi che, inevitabilmente, condizionano il nostro giudizio creando un PRE-GIUDIZIO; così si ha un diverso approccio al vino ma si ha modo di conoscere se stessi in modo più approfondito cioè capire come reagiamo quando siamo obbligati a ” spogliarci” del sapere acquisito e costretti ad utilizzare la “dotazione di serie” ricevuta dalla nascita ma che in molti hanno dimenticato di avere: I SENSI!
Come tema ho scelto l’Amarone perchè è un vino conosciuto, di facile comprensione data la sua morbidezza con quegli aromi di ciliegia stramatura ma anche perchè fresco di corso d’aggiornamento in Valpolicella; l’obiettivo era dimostrare che si può ottenere complessità e varietà d’abbinamento anche da un vino “semplice” purchè fatto bene!
Mi spiego meglio: l’80% degli Amaroni che trovate in giro al gusto sono UGUALI o giù di li! E’ un vino che ha molti zuccheri residui e poca acidità quindi la percezione seppur lieve della dolcezza impedisce di percepire l’eventuale mineralità, sapore, speziatura.
In passato l’Amarone veniva prodotto bloccandone la fermentazione quindi in forma dolce (l’odierno Recioto della Valpolicella) e solo nel 1936 il cantiniere della cantina sociale di Negrar (VR) per sbaglio, la fece svolgere per intero (la fermentazione è quel processo che trasforma gli zuccheri del mosto in alcool) e venne fuori un vino secco (da qui il nome Amarone cioè amaro); nel 1942 fu imbottigliato il primo vino recante in etichetta il nome Amarone della Valpolicella poi seguirono la DOC e recentemente, la DOCG.
Le uve usate sono autoctone (cioè legate a quel territorio) e sono tre (anche se ne esiste una quarta di cui parleremo dopo): Corvina, Rondinella e Molinara ma è la tecnica produttiva che è particolare; le uve vengono raccolte in periodo classico e vengono messe ad appassire in fruttai ventilati naturalmente ma con l’assistenza di deumidificatori quindi segue l’inevitabile disidratazione che permetterà la concentrazione di zuccheri internamente e di aromi nella buccia dando alla luce un vino di elevato grado alcolico (15-17 gradi) con u n tema dominante a livello aromatico (frutti rossi maturue stramaturi specie ciliegia)! In poche parole è un vino che piace subito ma che tende a stancare per la prevalenza della dolcezza sulla sapidità e sul sapore! Ma dovendo per forza trovare 4 amaroni diversi per la degustazioni, ho trascorso 3 giorni in Valpolicella dalle pendici dei Monti Lessini alle porte del lago di Garda alla ricerca di terroir diversi che quindi potessero dare un’impronta autoctona al vino e li ho trovati! Ho trovato 3 aziende interessanti per motivi diversi e 4 amaroni con prezzi di vendita al pubblico non superiori a 55 euro!
La Tenuta Sant’Antonio che è situata a S. Briccio una frazione del comune di Mezzane in zona pre-montuosa quindi molto interna e lontano dal lago di Garda con vigneti abbastanza in alto per la Valpolicella (350m.), la Masi Agricola situata in zona opposta a 5 k. dal lago nel comune di S. Ambrogio tra l’altro azienda alla settima generazione (famiglia Boscaini una vera e propria dinastia) ed infine la tenuta Serègo-Alighieri a Gargagnano (non molto distante da Masi) che come generazione è alla ventunesima essendo stata fondata nel 1353 (avete letto bene milletrecentocinquantre) da un “certo” Pietro Alighieri primogenito di quell’Alighieri sommo poeta e padre della lingua italiana!
La degustazione è iniziata in modo inconsueto servendo il genitore dell’Amarone cioè il Recioto della Valpolicella dolce sì ma con una percettibile astringenza per un tuffo nella storia e per comprendere come bevevano (male) a quei tempi quindi si è introdotto il primo Amarone, il Costasera di Masi, la versione più secca quindi ricca di acidità nonostante l’appassimento ed in vendemmia 2012 (giudicata tra le migliori degli ultimi anni) a cui la chef Flavia Esposto e suo fratello Stefano (veri spiriti liberi dell’enogastronomia locale in chiave evoluta) hanno abbinato verdure ed olive fritte all’ ascolana la cui untuosità è stata decorosamente contrastata da questo Amarone atipico adatto appunto alle pietanze più grasse ed untuose! Costo in enoteca 35 euro.
Poi abbiamo degustato l’Amarone Castagnedi della Tenuta Sant’Antonio (azienda artigianale-familiare di quattro fratelloni) un Amarone classico bello grasso e consistente, meno secco del precedente ma ricco di sapore a causa dei terreni pedemontani in annata 2013 a cui si è abbinato un risotto all’Amarone (cotto con lo stesso amarone) delizioso e migliore di quello che avevo mangiato presso un ristorante storico di Verona centro un mese prima! Costo in enoteca 26 euro!
Poi, ci siamo rivolti all’altro Amarone di Masi il Costasera Riserva quindi con 4 anni di affinamento in botte ma con la particolarità: di una quarta uva che solo Masi ha: l’Oseleta; quest’uva, abbandonata dai viticoltori negli anni 70 perchè poco redditizia, è stata riscoperta da Masi per la particolarità dei suoi aromi e della sua eleganza nonostante richieda una vinificazione ed affinamento a parte in quanto piccola e fragile inoltre è l’unica uva che ha un solo vinacciolo (seme)! Il “matrimonio” è avvenuto con un filetto di maiale cotto a bassa temperatura al profumo di gin con patate e verza croccante! Costo in enoteca 42,90 euro!
Per finire, il Vaio Armaron (in lingua locale piccola valle dell’amarone) della tenuta Serègo-Alighieri, un Amarone “potente”, grasso con una bella mineralità (sapore) grazie all’antichità dei vigneti specie della molinara che è una versione particolare a piede franco da vigna del 1875 che ancora produce…..poco ma quel poco è sufficiente a rendere questo Amarone una vera e propria chicca arrivata a prendere 93/100 su winespectator! La parte finale dell’affinamento che avviene in antiche botti in legno di ciliegio oramai introvabili mette la ciliegina sulla torta per giocare un pò sulle parole! L’abbinamento è stato tanto semplice quanto azzeccato: una caciotta di pecora, un pecorino di Fossa ed un Castelmagno impanato e fritto all’ascolana! Tutti a casa! Costo in enoteca 55 euro!
E invece no, abbiamo chiuso col “botto” con il distillato di Amarone di Mezzanella (nome del vigneto) sempre di Masi rimanendo quindi in tema a cui abbiamo abbinato del cioccolato fondente in varie forme. Costo in enoteca 26 euro!
Riassumendo, abbiamo iniziato con la versione originaria e storica dell’Amarone (il Recioto) concluso con il relativo distillato felicemente “confusi” per aver provato tante emozioni in meno di 3 ore! La prossima la faremo sui vitigni autoctoni che definisco archètipi quindi con un gusto unico!
Ringrazio i partecipanti, gente comune che ha manifestato una sana “sete” di conoscenza e……di vino!
Stefano Grilli – Enoteca Saraullo Tel 0861787751