Enrico Silvestrin da anni cura un podcast molto interessante sulla musica, abbiamo analizzato insieme a lui diversi spunti sul momento attuale.
Sanremo, i social, i talent con Silvestrin ci siamo soffermati su differenti argomenti difficili e che meritano un approfondimento.
Partiamo dalla tua attività su Twitch che va avanti da diverso tempo. Che tipo di esperienza è e cosa pensi della piattaforma?
“Sono quattro anni che sto su Twitch, quindi sono praticamente alla stregua di un semi-veterano. È una piattaforma di scelta, inizialmente fu una situazione di ripiego perché venivo da Youtube ma questo mi dava enormi problemi per quanto riguardava il copyright che è un mare magnum di problematiche per chi fa il mio mestiere, soprattutto per chi fa divulgazione perché non c’è divisione nel trattamento. Siamo tutti nella stessa barca. Io come se fossi uno che usa la musica per fare un video o per chissà cosa. Venendo su Twitch ho avuto la possibilità garantita di poter lavorare con la musica e farlo in diretta. Purtroppo non posso mantenere i video, non posso essere indicizzato e finire in homepage. Ci sono tanti problemi su Twitch che avrei anche su Youtube, si fa di tutta l’erba un fascio. Avrei potuto avere numeri molto più alti se avessi potuto beneficiare di un trattamento normale come un qualsiasi streamer. Non mi lamento perché sono riuscito a costruire qualcosa, secondo me, di importante e sono estremamente soddisfatto. Mi piace l’interazione col pubblico e di più rispetto a Youtube. Secondo me Twitch per chi fa il mio mestiere è la migliore piattaforma”.
Parliamo di musica, visto che di questo ti occupi, in che momento è il nostro paese?
“La musica italiana è in un momento difficile e da anni è in netto peggioramento, una cosa difficile da invertire. Motivo per cui non mi occupo di musica italiana. Mi occupo di sporadici artisti italiani che hanno senso anche fuori dal nostro paese, chi ha una visione internazionale mi interessa. È un problema che non i riguarda, ma siccome passo musica di tutto il mondo è inevitabile farsi delle domande per dire passo tante cose della Svizzera dove ci sono decine di progetti interessanti dove c’è meno cultura musicale in teoria ma sono più legati a un contesto intenrazionale e meno provinciale di noi. La musica italiana non segue in alcuna maniera un corso internazionale, non ha nessuna pretesa sotto questo punto di vista. Il che potrebbe anche andare bene se producesse musica interessante, ma produce soltanto un mainstream molti banale e assolutamente commerciale nel peggior senso del termine. È solo fatto per vendere, ma non per contenuti artistici. Se ci stanno provando mi viene da chiedere quali sono i talenti alla base. Resta pochissimo controcanto, se non quasi zero, ed è molto datato quel poco che sente. Non mi sembra rispecchiare un corso mondiale. Potrebbe essere modo se l’Italia lanciasse una scena alternativa con un proprio sound, ma non c’è questa forza e questa originalità per rendere tutto diverso rispetto a quanto fatto altrove. Spesso è molto antico come impostazione. Si risente di influenze ormai passate. Si resta irrilevanti e non occuparmi di musica irrilevante non lavoro la musica italiana. Non sta a me risollevarla, ma onestamente credo che serva troppo da fare per rimettere tutto a posto almeno in tempi brevi. Una delle fregature dell’Italia è che ci accomodiamo e aggiustiamo il comportamento rispetto a ciò che si vive anche se sono situazioni degradate. L’italiano si adegua e riesce a fare anche in queste condizioni. La famosa resilienza che non è un bene a tutti i costi, a volte è un disastro, ti affossa. Siamo culturalmente chiusi e ogni sistema chiuso presenta una nuova versione deteriorata di sé stessa come uno stagno, un’acqua chiusa. Se non viene inserito qualcosa di fresco sarà un’acqua che ristagnerà ancora”.
Continuiamo la nostra chiacchierata con Enrico Silvestrin.
Hai parlato di sporadici artisti italiani rilevanti a livello internazionale, chi trovi lo sia in questo momento?
“Ne abbiamo alcuni c’è il grande lavoro di Marta Delgrandi, Maria Chiara Argirò che ha un singolo uscito da poco, ce ne sono diverse come Emma Trinca che da anni sta a Londra e fa musica eccellente. Ce ne sono basti cercarle. Sono artisti che sono italiani ma lavorano con una discografia estera”.
Perché fanno fatica ad affermarsi in Italia al grande pubblico?
“Sono suoni che non hanno altri riscontri e non essendo noi abituati dal mainstream ad ascoltare nulla che sia simile e non essendo contaminati dall’alternative straniero non siamo neanche abituati a quei suoni. Non ci arriviamo proprio a certi artisti, non li scopri, resti nel sottobosco. È più facile che li scopra un inglese che non un italiano”.
Che idea ti sei fatto a livello musicale di talent come Amici, X-Factor? Sono fucine di talenti o invece vanno ad alimentare quanto detto prima?
“Non sono fucine di talenti, ma programmi televisivi che sfruttano la musica per fare un format televisivo. Io non copro i talent perché sono banali programmi televisivi di sfruttamento della musica. Quando parlo d’Italia mi rendo conto che i talent sono veicolo di musica, ma questo ruolo dovrebbe essere assolto da un sistema di distribuzione sano. Siccome non c’è ci si appella alle uniche voci possibili e cioè i talent e Sanremo. Non sono ovviamente per la chiusura dei talent e non sono il danno, esistono in tutto il mondo in scene floride. Il problema è avere solo i talent, non i talent in sé”.
Cosa prevedi per il tuo futuro?
“Tanti altri anni di Twitch, uno sviluppo e una crescita, un allargamento dell’utenza. Sono molto soddisfatto, ma non mi fermo mai e cerco sempre obiettivi nuovi. Mi auguro di crescere come è successo in questi anni. Per ora sono in linea e forse anche oltre le mie stesse aspettative. Si è costruita una community molto importante. Col tempo si vedrà coesione, durata, ricambio. Per ora va molto bene”.
Non pensi a un possibile ritorno in tv?
“Mai. Nella tv non si produce nulla di buono, nelle tv non si produce nulla di buono. Quindi non ha senso per me fare un prodotto peggiore e non ho la mentalità che Twitch sia la Serie B e la tv la Serie A. Twitch è la Serie A, è il contrario. Non andrei a fare un downgrade. non ha senso. Parli a un pubblico vecchio e non funzionale. Non spero di fare questo per fare in modo che se ne accorgono in tv, spero che non se ne accorgano o se lo fanno per capire che devono cambiare rotta”.