Elton John confessa la sofferenza per la perdita della vista: “Non riesco più a vedere la TV, né a guardare i miei figli giocare”. Dopo un’infezione oculare, la rockstar rivela come affronta questa nuova fase della vita, tra affetti familiari, musica e fragilità personali
Dopo aver abbandonato definitivamente le esibizioni live con una lunghissima tournée mondiale, Elton John ha considerevolmente ridotto i suoi impegni ufficiali. Si dedica alla famiglia: al compagno, il regista e produttore cinematografico canadese David Furnish, e ai due figli Zachary ed Elijah.
Gli impegni non mancano tra le attività della sua fondazione e anche qualche sessione in studio che lo ha recentemente portato a pubblicare nuova musica, incluso un attesissimo duetto con Brandi Carlile.
Tuttavia a tenere banco sono anche le problematiche di salute. Un cuore da tenere d’occhio ma soprattutto le condizioni della sua vista che negli ultimi mesi è considerevolmente peggiorata. Un’infezione agli occhi che lo ha colpito duramente la scorsa estate, ha compromesso la sua capacità visiva stravolgendo in modo evidente anche i più banali aspetti quotidiani.
LEGGI ANCHE – Bruce Springsteen si annuncia all’Italia: sette album di inediti
L’artista, che oggi ha 78 anni, ha rivelato di non riuscire più a leggere, né a guardare la televisione, né a godersi i momenti con i figli. La sua voce, carica di emozione, non cela la fatica di un momento complesso. Ma, al tempo stesso, traspare anche la solita volontà di non arrendersi, di trovare ancora motivi per sorridere e creare. Circondato dall’affetto della famiglia e supportato dai suoi collaboratori storici, Elton John continua a guardare avanti, pur con uno sguardo ormai più fragile.
La diagnosi è arrivata chiara e impietosa: una grave infezione oculare, ha lasciato Elton John con la vista considerevolmente compromessa e ridotta ormai al solo occhio sinistro. A rivelarlo è stato lo stesso artista, dapprima con un post sui social, poi con una lunga intervista al Times in cui ha scelto di aprirsi con parole dense e dolorose.
“Non riesco a vedere la TV, non riesco a leggere. Non vedo i miei ragazzi giocare a rugby o a calcio, che al momento è sicuramente la cosa che rimpiango di più. È un periodo davvero stressante perché io sono sempre stato uno che ama assorbire tutto, ogni dettaglio e vive con estrema intensità ogni aspetto. Proprio ora che potrei godermela comincio a fare fatica. È angosciante”.
A colpire è soprattutto il tono intimo con cui l’artista descrive l’impatto della malattia sulla sua quotidianità: una routine stravolta, fatta ora di adattamenti, di rinunce, accompagnate da quella frustrazione che spesso fa da cornice a chi ha sempre vissuto il mondo al centro della scena e dell’attenzione generale.
Nell’intervista, Elton John mostra anche una grande capacità di introspezione e accettazione. Il dolore non viene nascosto, ma nemmeno trasformato in lamento. L’approccio è quello di chi ha vissuto molto e imparato a dosare le energie.
La parole del cantante sono toccanti: “Ti emozioni, certo. Ma poi ti dici: bisogna farsene una ragione. Sono stato molto fortunato ad avere la vita che ho avuto ma soprattutto a vivere quello che ho oggi. Una famiglia meravigliosa e piena d’amore che riesco a vedere per lo meno con questo occhio” dice, indicando il sinistro.
Nonostante le difficoltà, la creatività non si è spenta. Anzi, proprio durante il periodo più complicato, Elton John è riuscito a portare a termine un nuovo progetto discografico: Who Believes In Angels?, in collaborazione con Brandi Carlile, artista che Elton ha sempre seguito con grande attenzione e con la quale voleva collaborare da tempo.
LEGGI ANCHE – Oasis, via alle prove: tutti i segreti del tour più atteso dell’anno
Tuttavia anche questa realizzazione è stata messa in discussione fino a pochi giorni prima delle registrazioni: “Non ero nelle mie migliori condizioni, pensavo di avere dato tutto. Ero stanco, ansioso, pieno di dubbi. A un certo punto ho pensato di mollare tutto e di rinunciare perché non ero nemmeno sicuro di portare a termine il lavoro. Poi è subentrata la mia competitività: sapevo che se mi fossi tirato indietro, l’avrei rimpianto per tutta la vita. C’erano altre tre persone coinvolte, e non volevo deluderle. Così ho resistito e sono andato in studio”.
Nella lavorazione dell’album ha ritrovato due dei suoi compagni di sempre: il produttore Andrew Watt e Bernie Taupin, il paroliere che per oltre cinquant’anni ha firma con lui alcune delle canzoni più iconiche della musica rock contemporanea. Le modalità di lavoro non sono cambiate. Bernie ha cominciato a produrre testi, quasi sempre ispirati dalle lunghe chiacchierate telefoniche con il rocker, che poi sugli appunti dell’amico ha iniziato ad accompagnare con il pianoforte.
LEGGI ANCHE –
Who Believes in Angels? segue di quattro anni il suo album precedente The Lockdown Session ed è il quinto disco della sua carriera interamente dedicato ai duetti. Dieci canzoni che vedono Elton John affiancato dai suoi collaboratori storici, con qualche eccellenza: spiccano il batterista dei Red Hot Chili Peppers Chad Smith, l’ex chitarrista della band californiana Josh Klinghoffer, oltre al bassista Pino Palladino.
Durante le sessioni in studio Elton John ha ammesso che non tutto sia filato liscio: “Non eravamo sempre d’accordo. A volte mi hanno contrastato con molta forza e io mi sono anche innervosito. Ma alla fine è stato utile: se vuoi fare un grande disco a 76 o 77 anni, devi essere disposto ad ascoltare e a farti dire le cose. Soprattutto quelle che non vanno. Sono consapevole che chi lavori con me spesso sia costretto a sopportare le mie non poche manie, ma alla fine sono solo un mezzo per nascondere la mia ansia e la mia insicurezza”.
Il disco è stato accolto con molta aspettativa dalla critica e dal pubblico. Non ci saranno live a promuoverlo, solo qualche limitatissima presenza televisiva…
Il Guardian lo ha definito “pieno di momenti toccanti”, mentre il Telegraph lo ha celebrato come “un glorioso ritorno all’esuberanza melodica degli anni Settanta”.
C’è un passaggio che riassume al meglio il cambiamento più grande nella vita del musicista. Un tempo, Elton John diceva che avrebbe voluto morire sul palco, facendo ciò che amava di più.
LEGGI ANCHE – Lenny Kravitz, una lezione di stile, fascino e rock and roll
Ora, invece, il senso della vita sembra essersi spostato: “Ho sempre detto che la morte perfetta per me era palco. Oggi non solo non voglio morire sul palco, non voglio morire affatto. I miei bimbi mi stanno regalando una gioia di vivere immensa. Oggi vorrei che sulla mia lapide ci fosse scritto: ‘È stato un grande papà’… La mia carriera è stata meravigliosa, ma sono i miei figli la cosa che conta davvero”.
A chi lo ascolta oggi, Elton John sembra un uomo che ha fatto pace con le sue paure splendidamente raccontate nella sua autobiografia Rocketman, un film che ha evidenziato una vita colma di arte ma anche di drammi personali. La musica resta un punto fermo: “Sono pieno di musica. La musica è stato il più grande dono che abbia mai ricevuto. Eccomi qui, a 78 anni, e da un punto di vista creativo mi sento meglio che mai. Certo, questo problema agli occhi è una maledizione. Ma lo supereremo. C’è ancora molto da fare”.
La sua ultima esibizione britannica risale al Glastonbury Festival del 2023, uno show definito “carico di emozione”, seguito dalla conclusione del monumentale tour Farewell Yellow Brick Road, durato 330 date e terminato in Svezia.
Nonostante l’addio alle grandi tournée, Elton John non ha mai smesso davvero. L’album con Carlile, le collaborazioni, la presenza costante nelle classifiche — come dimostra il successo della raccolta Diamonds, arrivata al numero uno dopo 374 settimane — sono la prova che la sua voce è ancora estremamente rappresentativa.