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Chieti, standing ovation del Teatro Marrucino per Uno zio Vanja

Chieti. Standing ovation del Marrucino, ieri sera, per Uno zio Vanja, approdato ieri sul palco di Chieti dopo una settimana di successi abruzzesi, tra Lanciano, Teramo e Sulmona, sull’onda di una tournee che sta coinvolgendo ed emozionando tutta l’Italia.

 

In scena, da protagonista e da regista, uno straordinario Vinicio Marchioni, che supera la propria fama e la propria bravura come star del grande schermo e delle serie tv. Al suo fianco, dopo aver condiviso l’avventura di Romanzo Criminale, Francesco Montanari: lo spessore di quelli conosciuti come il Freddo e il Libanese si ingigantisce nella dimensione teatrale, ancor più se si confrontano con un mostro sacro come Anton Cehcov.

Se la recitazione dell’intera compagnia risulta, infatti, perfetta e fluida come se ci si trovasse davanti a una minuziosa opera di montaggio cinematografico, sono l’adattamento firmato Letizia Russo e la regia di Marchioni a trasformare uno dei drammi più importanti di fine ‘800 in una storia attuale e dall’affilata introspezione, rendendo perfettamente onore all’autore.

Senza conoscere l’opera originale, lo spettatore deve immediatamente chiedersi se è la trasposizione moderna a gettargli addosso temi urgentemente presenti, o se già nella Russia del 1899 si parlasse di città terremotate, ricostruzioni impastoiate dalla burocrazia, istituzioni senza scrupoli, globalizzazione e industrializzazione selvaggia a discapito dell’ambiente.

Una serie di dubbi instillati ad arte, dall’inizio alla fine, costruiti attorno alla storia di Cechov e ai temi che scuotono l’uomo moderno come quello di un secolo fa: crisi familiari, giovanili, di mezza età, la noia, la tristezza, la povertà, la paura di non raggiungere la fama e di scadere nella mediocrità.

Marchioni è Vanja, 50enne incastrato in una vita che non vuole, costretto a “farsi il culo” per rispettare le volontà del padre e i sogni della sorella, ormai defunti, sostenere la nipote orfana, Sonja, interpretata da una giovane e già immensa Nina Torresi, che da sola regge tutta la scena. Odia il cognato, famoso professore decaduto: a lui deve versare tutti i frutti del proprio lavoro e ne ama, senza esser corrisposto, la nuova, giovane e annoiata moglie. Sulle spalle una vecchia madre che lo disprezza e un anonimo socio un po’ “spostato”. Alle sue spalle, spesso, agisce il suo unico amico, il Dottor Astrov, quel Montanari che, insieme a lui, fa da colonna di uno spettacolo cupo ed esplosivo. Tutto si svolge in un teatro reso inagibile da una scossa di terremoto, la stessa che attraversa l’animo dello spettatore. A tenerlo incollato alla poltrona per 2 ore e 15 e a farlo schizzare in piedi per lunghi minuti di applausi a sipario calato.