Silvi. Verrà inaugurata sabato 5 aprile alle ore diciotto, presso la presigiosa “Galleria Federico Barocci”- Collegio Raffaello di Urbino la mostra personale di pittura dell’artista di Silvi Roberto Di Giampaolo.
La mostra resterà aperta dal 5 al 17 aprile e verrà presentatata dal noto critico d’arte Massimo Pasqualone. L’artista avvince il fruitore dell’opera sua per la capacità di catalizzare, attraverso evanescenze cromatiche e sguardi prospettici, gli attimi che la ricerca visiva impone sulla tela, con una continua stimolazione della mente per una rinnovata ermeneutica della realtà priva di inganni, di quegli orpelli antropologici che sovente ottundono le coscienze. In pochi anni l’artista ha mostrato una profonda capacità di cogliere l’esistente attraverso un deciso utilizzo degli scontri materici che, in giustapposizione alle sovrapposizioni cromatiche e spaziali, producono quel dinamismo dell’anima rilevato da attente meditazioni: l’anima si muove nella natura, ne carpisce il bello, lo ammette a quel grande spettacolo metafisico che è in definitiva la vita, un bello che pervade il cosmo nel suo insieme. Non si tratta di pura arte imitativa, semmai sia esistita un’arte siffatta, ma una duplice scommessa da un lato evenemenziale dall’altro progettuale, come dimostra la produzione più recente che trasmette quella sicurezza eidetica propria di un vero artista. Dalla visione alla meditazione all’introspezione: “groviglio”, “oltre il limite”, “effetto vortice”, “dove finisce il mare” attraversano questo cammino che ormai attinge dall’Oceano della spiritualità, con l’artista che si fa rinnovato palombaro dello spirito, entronauta, alla ricerca innanzitutto di se stesso, poi di quel Tutto che è alla base di ogni ricerca artistica.Ed ecco perché queste estroiettazioni artistiche sono come domande, interrogativi ed inquietudini che feriscono, segni a volte aniconici che carpiscono speranze, promesse, illusioni, delusioni, custodite tenacemente nella mente. Anche in questo caso la navigazione è guidata dalla stella polare della coscienza, che tutto introietta e che dopo la consueta agnizione utopica della ispirazione porta all’estroiettazione iconica sulla tavola, sulla carta, sulla tela con la predilezione dell’acrilico sull’olio.