“Repellente, orrendo, schifoso, sgradevole, grottesco, abominevole, odioso, indecente, immondo, sporco, osceno, ripugnante, spaventoso, abbietto, orribile, orrido, orripilante, laido, terribile, terrificante, tremendo, da incubo, mostruoso, ripulsivo, disgustoso, nauseabondo, fetido, spaventevole, ignobile, sgraziato, spiacevole, pesante, indecente, deforme, difforme, sfigurato sono solo alcuni degli aggettivi con cui si parla e si rappresenta la bruttezza. Di ognuno di questi, il libro fornisce al lettore, con humour e profondità, più di un esempio, letterario e artistico”.
Se definire e spiegare il concetto di bellezza può risultare relativamente facile, definire quello di bruttezza è compito arduo, secondo quanto scrive l’autore stesso nell’introduzione al volume. In ogni epoca infatti, artisti e filosofi si sono cimentati nella definizione del bello, mentre il brutto è stato quasi sempre pensato in opposizione al bello, la sua trattazione sempre più marginale e meno completa di quella della bellezza, per l’insita difficoltà nel descriverne le peculiarità.
Com’è ovvio, quando si parla di bellezza e bruttezza bisogna contestualizzarle storicamente e geograficamente, in quanto i gusti e la percezione degli attributi fisici variano nel tempo e nello spazio. Ed ecco che Eco ripercorre la storia del concetto di bruttezza con estrema minuzia, a partire dal mondo classico, fino ad arrivare al giorno d’oggi, utilizzando tutti gli strumenti propri dell’arte, a riferimento e supporto delle tesi sostenute. Il volume diventa così un’opera di scorrevole lettura che si presta ad essere facilmente consultata all’occorrenza, essendo corredata di opere pittoriche, fotografiche ed estratti di opere letterarie di tutti i tempi.
Per quanto riguarda gli albori della civiltà occidentale, si è portati spesso a pensare l’età classica come l’epoca in cui il bello domina incontrastato in tutte le forme di arte. Eco
ci ricorda invece come la bruttezza sia stata al centro anche dell’immaginario greco. Basti pensare al mito di Medusa, la spaventosa donna con serpenti al posto dei capelli e dallo sguardo in grado di pietrificare chiunque, oppure ai Sileni, o ancora alle descrizioni degli Inferi da parte di Esiodo, in cui compare una varietà di esseri mostruosi e orripilanti.
“La testa di Medusa”, Pieter Paul Rubens
Un’altra sfaccettatura della bruttezza, avanzando lungo la linea del tempo, è la passione, la morte e il martirio, con riferimento alla sofferenza di Cristo, alla rappresentazione del dolore fatta dai padri della Chiesa, fino alla trasposizione di Mel Gibson nel film The Passion of Christ.
Sempre nell’ambito della cristianità, si passa a quel genere di bruttezza che è propria dell’inferno, l’apocalisse e il diavolo; infatti “il brutto, sotto forma di terrificante e d i diabolico, fa il suo ingresso nel mondo cristiano con l’Apocalisse di San Giovanni”.
“Il giudizio universale”, Hans Memling
Il IV capitolo riguarda nello specifico i mostri e portenti, ed ecco comparire l’androgino nel Simposio di Platone, o il Leviatano nel libro di Giobbe. E poi ancora il brutto come comico e osceno che si evince da testi letterari quali Il peto del villano di Rutebeuf o Le flatulenza di Rosenkranz, ed altri ancora.
Eco passa poi ad analizzare l’idea di bruttezza femminile tra Antichità e Barocco, corredando le descrizioni con immagini ripugnanti.
“Vanitas”, Bernardo Strozzi
Altra manifestazione del brutto riguarda il diavolo nel mondo moderno e, nel cap itolo VIII, la stregoneria, il satanismo e il sadismo.
L’ a utore cita inoltre alcune coppie aggettivali che ricorrono spesso n ell’arte e nella letteratura, ovvero brutti e dannati, brutti e infelici, infelici e malati, in quanto si immagina “la deformità che trascina a un destino tragico chi, pur nutrendo un animo mite, è condannato dal proprio corpo”. Esempi di brutti e infelici sono Frankestein di Mary Shelley, Quasimodo di Hugo e la Fosca di Tarchetti, esseri condannati dalla loro esteriorità.
Si descrive il perturbante, definito come “brutto di situazione” o, usando le parole di Freud, “esso appartiene alla sfera dello spaventoso, di ciò che ingenera angoscia e orrore[…]perc
E per finire, abbiamo il brutto industriale, quello delle macchine, tipico della nostra epoca, il kitch, il camp e tutte le varie forme odierne con tanto di riferimenti al cinema e al mondo della musica.
Si tratta dunque di un’opera completa degna di un grande della letteratura italiana come Eco, e pertanto merita di essere letta, riletta, sfogliata, consultata:un capolavoro.
*Immagini tratte da “Storia della bruttezza”, Umberto Eco, editrice Bompiani.