Il riscontro mediatico c’è stato. Significativo, diffuso a tutti i livelli. Ora, però, è necessario che le istituzioni (dal Governo al Ministero degli Esteri) facciano tutto quello che è nelle loro corde per tutelare, come ha detto il Senatore Luigi Manconi” la vita di Denis Cavatassi.
Il giorno dopo la conferenza stampa in Senato, laddove l’Italia intera è venuta a conoscenza nei dettagli, dai racconti dei familiari, degli avvocati e delle associazioni, del caso giudiziario dellimprenditore di Tortoreto, da anni trapiantato in Thailandia,, si intuisce in maniera chiara che è necessario agire. Anche in fretta. Per il rispetto dei diritti umani legati alla detenzione.
Le lettere inviate ai familiari e il racconto del fratello Adriano. Sono spaccati chiari, di una situazione paradossale, ma al tempo stesso critica sotto molteplici aspetti. Da una condanna per un omicidio, quello dell’ex socio Luciano Butti, per il quale le autorità lo ritengono il mandante.
A delle accuse che sembrano fare acqua, ma ad una detenzione vissuta in ambienti che definirli inospitali, è un eufemismo.
In Thailandia, e questo appare al momento un appiglio positivo, non si hanno notizie di esecuzioni capitali dal 2009. Nell’ordinamento giuridico del paese Sud Est Asiatico la pena di morte è prevista per alcuni reati e attualmente (dai nel 2016), ci sono oltre 400 detenuti nel braccio della morte, dei vari penitenziari, di cui una ventina stranieri.
Dati statistici a parte, ora ci sono un paio di aspetti sui quali lavorare. Il ricorso, già pendente, alla Corte Suprema, che però ha tempi di pronunciamento che potrebbero anche essere di due anni. E poi la necessità di lavorare sulla diplomazia per il rispetto di un trattato di cooperazione, sottoscritto negli anni ’80, tra Italia e Thailandia. Dettato che consente, in caso di condanna definitiva, di scontare la pena in Italia. Questa è l’estrema ratio. Nel frattempo bisognerà lavorare su varie direttrici.
L’operazione. Nel frattempo lunedì prossimo Denis Cavtassi dovrebbe essere sottoposto ad un intervento chirugico per la rimozione di un’ernia inguinale. Operazione già programmata da tempo e rinviata più volte.