A ritornare sul progetto è Pineto 2.0 che “ha ritenuto doveroso, ascoltare la voce di chi il dramma della disabilità la vive quotidianamente sulla propria pelle e a cui, chi aveva l’obbligo di domandare, non hanno mai dato parola”. Il coordinamento politico culturale ha perciò ascoltato alcuni genitori con che frequentano il centro diurno gestito, dal Comune di Roseto degli Abruzzi e Pineto, e in cui opera, solo tramite convenzione, l’Associazione Dimensione Volontario.
“ANTONIO: Sapete quante volte, la mattina presto chiudo gli occhi per tentare di immedesimarmi in mio figlio per immaginare cosa prova, cosa sente, cosa passa dentro di lui che vive dietro questa situazione? Impossibile capire, impossibile immedesimarsi. Il mondo del genitore di un disabile è altrettanto sconosciuto ai più è come la confezione di un diamante. E, come in ogni confezione c’è un diamante prezioso, così per noi ogni figlio, anche se limitato, è pur sempre un diamante, un essere unico e irripetibile. Il disabile porta in sé una carica umana, una ricchezza, una miniera ancora tutta da scoprire. Tuttavia, ha un’immensa fragilità, non ha strumenti per misurare il mondo esterno, per difendersi.
MARCO: Spesso per vincere la tristezza porto mio figlio al mare, faccio il tifo con lui, lo porto in giro, canto per strada, lo abbraccio e lo riempio di baci. Non mi faccio mai prendere dalla disperazione. Noi portiamo in dosso i nostri figli crocifissi dalla disabilità non possiamo permetterci di essere deboli. Pensate quanta forza devono avere questi ragazzi per guardare negli occhi noi genitori, anche quando i nostri occhi trasmettono il dolore e la consapevolezza che il “dopo di noi” sarà ancora più difficile.
GIANNI: mio figlio è innanzitutto una persona: un cittadino di questa nostra Città. Lo immagino spesso senza la sua disabilità, o meglio, provo a tradurre in normalità quel suo sguardo e il suo carattere. Se vi fermate un attimo a riflettere: tutti “i disabili” sono in prima linea, perché ogni giorno combattono per superare mille barriere che determinano i loro veri handicap. Nella maggior parte dei casi, partono dal dover accettare di essere accuditi da altri e quindi dover aspettare per essere lavati, vestiti, nutriti.
Come è nato questo progetto con gli immigrati?
ANTONIO: nella settimana prima della fine di maggio scorso, gli operatori dell’Associazione Dimensione Volontario, a Roseto, fecero portare a casa dai ragazzi un biglietto nel quale avvisavano noi genitori che, a fine maggio, sarebbe iniziato questo progetto in cui gli immigrati avrebbero accudito i nostri figli disabili. Successivamente, telefonicamente, fummo invitati in municipio ad un incontro con l’Assessore Luciana Di Bartolomeo. All’incontro, oltre ai genitori, c’erano anche le operatrici LEONZI Manuela e Sabrina CICOTTELLI e il titolare del Residence Felicioni, Francesco FELICIONI. In quell’occasione dall’assessore Di Bartolomeo apprendemmo che il progetto era stato proposto anche a Pineto e che Robert (Verrocchio) ne era rimasto entusiasta.
Tradotto, significa che siete stati contattati dall’amministrazione comunale di Roseto che vi ha prospettato il progetto?
ANTONIO: diciamo di Si. Ovviamente prima di discutere con noi genitori del progetto e chiederci se eravamo d’accordo o meno si sono accordate le due amministrazioni, quella di Roseto e quella di Pineto, e la proponente Associazione Dimensione Volontario, anche grazie al fatto che all’interno dell’associazione collaborano delle persone di Pineto, tra cui la moglie di un noto personaggio di Pineto mentre il figlio del presidente dell’associazione Dimensione Volontario lavora per il Residence Felicioni. Evidentemente, quando hanno chiamato noi, tutto era già pronto e deciso per far decollare il progetto.
La reazione di voi genitori qual è stata?
ANTONIO: è stato immediatamente fatto presente alla DI BARTOLOMEO come fosse stato possibile appoggiare un simile progetto che, ripeto, prevedeva che i ragazzi disabili fossero accuditi dagli immigrati ospitati presso il Residence FELICIONI. Ovviamente, non facendo alcun riferimento al colore della pelle o alla loro provenienza, abbiamo chiesto come sia possibile affidare dei ragazzi con una enorme fragilità a delle persone sconosciute, che non parlano la nostra lingua, di cui non si conosce la storia e la loro reale identità. É stato anche evidenziato che all’interno del gruppo dei disabili ci sono delle ragazze completamente inermi e incapaci di qualsiasi autodifesa. Infine fu chiesto alle operatrici presenti, che spesso lavorano in condizioni di sotto organico, come sarebbe stato possibile per loro, da una parte, accudire i nostri ragazzi e, dall’altra, rivolgere anche attenzioni ai ragazzi immigrati, considerato che sono privi di una qualsiasi formazione professionale.
Spieghi meglio, per cortesia, Lei è d’accordo o no con questo progetto?
ANTONIO: Per trattare con il disabile ci vuole una professionalità tecnica e scientifica oltre che “umana” e questi ragazzi sono completamente privi almeno delle prime due. Noi quali garanzie abbiamo se non sappiamo chi sono queste persone, da dove provengono, qual è la loro storia precedente. Ogni genitore non vuole il meglio per suo figlio? Non abbiamo anche noi il diritto dovere di dare ai nostri figli il meglio? Non posso essere assolutamente d’accordo con questo progetto, non per ragioni razziali ma per motivi pratici, professionali e di buon senso. Immaginate che le uniche garanzie su questi ragazzi extracomunitari ci sono state fornite dal titolare del Residence dove sono ospitati, Francesco FELICIONI, che ci disse: “sono bravi ragazzi”. Insomma, avete capito….!!!
Signor Gianni e sig. Marco, anche per voi a Pineto è stato seguito lo stesso iter? Insomma siete stati chiamati dall’amministrazione comunale?
GIANNI: Assolutamente no. A Pineto non è stato fatto alcun incontro in cui si discutesse del progetto e in cui ci venisse chiesta la nostra opinione. Attraverso i nostri ragazzi, hanno inviato un foglio senza spiegare ne chiedere. Nessuno ci ha avvisato né coinvolti nel progetto.
Quindi vi siete ribellati a questo progetto?
MARCO: alcuni genitori hanno espresso le loro perplessità, altri purtroppo tacciono, forse per paura di ritorsioni nei confronti dei loro ragazzi.
Certo non potete negare l’emergenza economica!
GIANNI: Assolutamente. Il genitore del disabile vive in situazione di emergenza permanente, anche la notte. Convive 24 ore su 24 con il suo problema, che spesso diventa fatica accumulata, notti insonni. Non c’è Natale né Pasqua, non ci sono feste o ferie, sempre, sempre con il figlio, che reclama attenzione, affetto, premure, medicine, visite, controlli. In molti casi deve essere imboccato, cambiato, sollevato, portato a scuola, al fisioterapista ma non ci si può chiedere di affidare dei ragazzi tanto fragili alle cure di sconosciuti per giunta senza alcuna professionalità. In questo progetto l’aspetto economico non centra nulla….
MARCO: Mi chiedo: Che interesse ha il Comune a creare ulteriori situazioni di preoccupazione a noi genitori, quando fin ora tutto è filato per il giusto verso? Che interesse ha l’associazione Dimensione Volontario (Onlus) che gestisce il centro diurno? Che interesse ha FELICIONI a fare da garante rispetto ai suoi ospiti? Quindi….non esiste un aspetto preponderante economico.
Cosa direbbe a chi afferma di conoscere bene la vostra situazione e vi chiede di coinvolgere i Vostri ragazzi in questo progetto?
ANTONIO: L’esperienza di un genitore a contatto con la disabilità lo trasforma spesso in un esperto di leggi, in un infermiere, in un costruttore di ausili. Le nostre conoscenze sono il frutto di prove, di errori e dolore. Ora, non credo affatto che un amministratore, un presidente di un’associazione, il proprietario di un Residence possa conoscere meglio di noi le esigenze, i bisogni dei nostri figli disabili. In questa storia noi genitori siamo costretti a vederci tolto non solo il diritto alla sicurezza e alla professionalità assistenziale, ma, addirittura, il semplice ascolto. I genitori con figli disabili non sono da compatire, ma da ascoltare.
L’amministrazione cosa avrebbe dovuto fare?
MARCO: a Pineto dicono che il loro stile di governo è di partecipazione democratica. Perché hanno stabilito di dialogare con noi solo dopo aver deciso questo percorso tra loro e l’Associazione Dimensione Volontario? Avremmo spiegato le nostre ragioni e perplessità, come fa un buon padre di famiglia! Hanno lanciato una sfida impossibile. Rifletteteci! La mission delle istituzioni è quella di costruire con il territorio progetti che possano sollevare le famiglie dal carico di assistenza che grava inevitabilmente su di loro. Se fossi un amministratore, mi fermerei ad ascoltare le esperienze di madri e padri e fratelli, così sarei stimolato ad individuare le risorse reali presenti sul territorio”.
I nomi usati sono di fantasia e le battute sono state riportate integralmente