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Parolacce ed insulti durante la Dad: minorenne teramano denunciato

La polizia postale di Teramo ha segnalato alla procura della Repubblica per i minorenni dell’Aquila uno studente teramano, secondo le indagini accusato di aver causato l’interruzione delle lezioni in Dad della propria classe, una terza media.

Le indagini della postale sono partite dalla denuncia del dirigente scolastico dell’istituto, che ha lamentato di aver dovuto ripetutamente interrompere le attività didattiche, in ragione di alcune anomalie di collegamento dell’account di un alunno, che appariva “replicato” più volte nella classe virtuale. Inoltre, spesso, nella chat dedicata comparivano parolacce, espressioni blasfeme ed insulti ai professori, che impedivano ai docenti di mantenere l’ordine e proseguire nelle lezioni.

In un primo momento gli investigatori si sono concentrati sull’ipotesi di illecito accesso alle piattaforme Dad da parte di altri soggetti, magari violando le credenziali in uso al ragazzo.

Grazie alla massima collaborazione della famiglia dell’apparente vittima, convinta della bontà della versione fornita dal minore, gli operatori della sezione di Teramo hanno effettuato alcune verifiche tecniche all’interno dei dispositivi utilizzati dal ragazzo per la didattica a distanza, per comprendere la matrice dei paventati attacchi informatici. Tuttavia, proprio in occasione di questi test, è stata notata la presenza di programmi in grado di fornire all’utente l’anonimato nella navigazione in rete, che ha indotto gli investigatori a concentrarsi su una pista alternativa: per le indagini le azioni di disturbo durante la didattica a distanza, giungevano dalla stessa persona che sosteneva esserne la vittima.

Con il coordinamento della procura distrettuale e della procura per i minorenni dell’Aquila, grazie al ricorso ad alcuni accorgimenti tecnico-forensi adoperati in occasione delle lezioni successive svolte in modalità a distanza, i poliziotti della postale hanno quindi messo fine al malriuscito tentativo di marinare la scuola: non era, infatti, in atto per gli agenti alcun accesso abusivo o controllo da remoto dei device, ma era proprio il minore ad essere l’unico regista delle ripetute interruzioni e offese.