Teramo. “Le stesse istituzioni con le quali si ragiona attorno alla possibilità di rilanciare piccoli comuni e borghi rurali, pensano ora di prevedere nuovi centri commerciali nei vecchi capannoni industriali e nelle aree verdi.
La proposta di legge non è accettabile, perché rappresenterebbe l’ennesimo colpo letale per i piccoli commercianti. Quelli che ancora hanno forza e passione per tenere aperte le proprie attività a dispetto di una crisi che si trascina da anni”. E’ molto diretto Giammarco Giovannelli, presidente di Confcommercio Teramo, che si unisce al coro di dissenso (espresso al pari di Confesercenti), di fronte alla proposta di legge regionale, prossima ad essere portata in discussione nella commissione regionale, sulle modifiche di destinazione d’uso dei vecchi capannoni industriali.
“ L’Abruzzo ha già pagato dazio a scelte tutt’altro che oculate nel recente passato”, sottolinea Giovannelli, “ visto che la nostra regione è quella che ha il maggior concentramento, in Europa, di superfici di vendita delle grande distribuzione. Se da un lato si parla di rilanciare i piccoli centri e o borghi dell’entroterra, dall’altro si profilano scelte che rischiano di mettere la pietra tombale sul commercio di vicinato. Un segmento di attività che poi offre servizi importanti alle famiglie lontane dalle grandi città”.
L’appello. Giovannelli lancia un appello al Presidente Marsilio, alla giunta regionale ma anche a Lorenzo Sospiri, presidente del consiglio regionale, firmatario della proposta di legge. “ Bisogna scongiurare questa eventualità”, aggiunge, “ ed è necessario aprire un confronto con le associazioni di categoria. Da parte nostra c’è anche una proposta. Quella di percorrere la strada della rigenerazione urbana per i vecchi capannoni. Percorsi che hanno ospitalità in tutta Europa, tranne che dalle nostre parti. Sì al recupero dei vecchi immobili, ma con una strategia certa che possa essere utile anche per una destagionalizzazione dei flussi turistici. E non certo per creare nuovi insediamenti della media distribuzione, peraltro già in crisi, che appare come un affronto nei confronti di coloro che, quotidianamente, lavorano e restano sul mercato con grandi sacrifici”.