Corropoli, Medaglia d’Onore alla memoria di Domenico Di Berardino

Corropoli. Domani, in occasione della Festa della Repubblica, il presidente Sergio Mattarella conferirà la Medaglia d’Onore a Domenico Di Berardino, soldato di leva di Corropoli, come riconoscimento morale per essere stato deportato e internato nei lager nazisti.

 

Alla vigilia del riconoscimento la famiglia di Domenico Di Berardino ha diffuso una nota nella quale viene ricostruita tutta la vicenda.

 

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, decine di migliaia di ufficiali, sottufficiali e soldati italiani vennero catturati dai tedeschi che erano stati, fino a quel momento, i loro alleati. Oltre settecentomila furono i deportati in Germania e in Polonia, come internati militari italiani. In ventimila morirono nei campi di prigionia.

 

Domenico Di Berardino, giovane soldato di leva, nato e vissuto sempre a Corropoli, era figlio di Michele Di Berardino, combattente nella prima guerra mondiale e insignito di medaglia d’oro e croce di guerra. Egli fu arruolato nel 57° reggimento artiglieria di Pola, dove giunse nell’agosto del 1943. Nella stessa Pola fu consegnato alla Wermacht, le forze armate tedesche, il 12 settembre del 1943, insieme ai suoi commilitoni che scelsero di non combattere contro l’Italia.

Fu liberato dagli americani solo due anni dopo, nel giugno del 1945. Due anni passati nel lager Steinbach Eschenstruth, tra Norimberga e Brema, occupato in condizioni disumane nel lavoro coatto presso la fabbrica di esplosivi Sprengstoffabrik Hirschhagen. Durante la prigionia i tedeschi sottoposero i militari italiani ad un trattamento punitivo, la cosiddetta “alimentazione proporzionata alla produttività”, riducendoli in un terribile stato di denutrizione, al limite della sopravvivenza. Il campo di concentramento diventò così per Domenico Di Berardino, come per gli altri prigionieri, il luogo della lotta per l’affermazione della dignità umana prima ancora di quella dell’essere soldati.

Come tanti suoi commilitoni, Domenico Di Berardino scelse la patria, scelse gli ideali di onestà, libertà e di onore: scelse la parola data al suo Paese. Scelse di non tradire mai la sua nazione e il suo credo, sia il primo giorno da deportato, sia durante la prigionia, quando le sofferenze e le privazioni facevano quotidianamente intravedere la morte.

La Medaglia d’Onore del Presidente della Repubblica che gli verrà conferita alla memoria il giorno 2 giugno 2021 nell’ambito delle celebrazioni del 75° anniversario della Repubblica Italiana, rende onore ad un uomo di umili origini contadine che ha saputo, sia nella vita civile che nella realtà militare, combattere per difendere gli ideali di libertà e democrazia, soprattutto per le generazioni future.

Per noi è stato un esempio di onestà morale ed intellettuale, di invito ad essere sempre la migliore versione di se stessi, in particolar modo grazie allo studio ed alla cultura.

Domenico è stato un luminoso modello di coerenza tra l’affermazione dei valori e il comportamento da seguire per difenderli e viverli davvero.

Pur essendo rientrato dalla prigionia con il morbo di Addison e con una grave forma di tubercolosi polmonare bilaterale che l’ha costretto a sottoporsi a cure estenuanti per tutto il corso della sua lunga vita, egli non ha mai lasciato spazio all’odio e al rancore, ma ha insegnato a trasformare il dolore in un’occasione di crescita e a cogliere nelle difficoltà che la vita pone, l’opportunità di migliorare se stessi e la realtà, a beneficio della famiglia e del prossimo.

”Possiamo orgogliosamente affermare, da testimoni della sua vita”, si legge in una nota della famiglia, “che è stato realmente un esempio di persona capace di contribuire a ricostruire materialmente e moralmente un’Italia devastata e povera.

Per questo è fondamentale conoscere il suo nome, come quello dei suoi commilitoni, leggere le loro esperienze di sacrificio, ispirarsi al loro eroismo.

E’ nostro dovere non dimenticarli ed affidarli alla memoria delle generazioni future affinché il loro sacrificio non sia stato vano.

Cogliamo, infine, l’occasione per ringraziare Giuseppe Lorentini e Walter De Berardinis, storici competenti e dotati di spiccate doti umane, i quali hanno contribuito a ricostruire la storia dell’internamento di Domenico Di Berardino”.

 

 

 

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