“Organizzazione, formazione e controllo periodico dell’efficacia delle nuove norme e disposizioni”. Per Giovanni Legnini, vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, sono questi i punti fermi da cui partire per attuare quella riforma del processo civile tanto agnognata e consentire così lo smaltimento del gravoso fardello delle cause pendenti, vero cancro del sistema giudiziario in Italia. Lo ha detto partecipando questa mattina al convegno sul “Nuovo processo civile: un percorso ad ostacoli? La riforma della giustizia”, svolto all’Università di Teramo, organizzato dal Lions Club di Teramo, in collaborazione con l’Ordine degli avvocati e il Soroptimist di Teramo.
“Gli interventi legislativi che negli anni hanno cercato di affrontare questo problema”, ha detto Legnini, “hanno in realtà complicato un apparato già complesso, contribuendo a gettare ulteriore discredito su tutto il sistema giudiziario. Per rispondere alla crisi e recuperare lo svantaggio competitivo di cui tanto si parla, è necessario che il legislatore e tutti i soggetti coinvolti in questo campo, ritrovino il filo conduttore in modo da lavorare per un unico obiettivo”.
Legnini ha sottolineato anche l’importanza dell’organizzazione, settore nel quale il Csm sta lavorando, avendo già avviato un viaggio negli uffici distrettuali di tutta Italia per capire il motivo delle tante differenze tra i vari tribunali e raggiungere un protocollo condiviso che possa uniformare le attività di tutti gli uffici. Senza dimenticare il problema della carenza del personale amministrativo, che deve essere adeguatamente formato, scommettendo sul ricambio dei capi degli uffici a causa la riduzione dell’età pensionabile, come un’opportunità da cogliere per dare una svoltaall’intero sistema.
Per Piero Sandulli, docente di Diritto processuale all’Università di Teramo, il nuovo processo civile è un percorso ad ostacoli che non ha mai saputo rileggere le riforme attuate nel corso degli ultimi anni. I limiti, secondo il professore, riguardano l’eliminazione della collegialità in primo grado, l’eccessivo uso di filtri, come l’obbligatorietà della conciliazione e della negoziazione assistita senza una necessaria cultura della pacificazione e la pericolosità del contributo unificato che rende difficile l’accesso alla giustizia. “Non siamo in grado di aggiustare il rito principale”, ha sentenziato Santulli, “e continuiamo a creare riti alternativi”.
E ha parlato di “pozzo senza fondo”, Ciro Riviezzo, presidente del Tribunale dell’Aquila e già presdiente dell’Associazione nazionale magistrati, che ha suggerito di creare delle task-force di giudici a disposizione dei vari distretti per tamponare le situazioni limite. “Per aumentare la produttività del sistema giudiziario” ha spiegato Riviezzo “basta prendere quello che c’è già e ottimizzarlo, magari sgravando il lavoro dei magistrati, attraverso il supporto di tirocinanti e giudici onorari, ricalibrando il metodo di formazione che deve essere più adeguato con le esigenze concrete del terrirorio”.