Teramo, nuova chiusura per Officine Indipendenti

Teramo. Dopo la chiusura dello scorso marzo, il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi ha emanato questa mattina una nuova ordinanza con la quale dispone la chiusura del circolo culturale “Officine Indipendenti” per 30 giorni.

Se a marzo la colpa era stata della musica troppo alta (secondo l’amministrazione), anche questa volta il sindaco ribadisce “il disturbo alla quiete pubblica derivante da inquinamento acustico proveniente sia dall’interno dei locali del circolo che dallo stazionamento degli avventori all’esterno, in special modo nelle ore notturne. L’amministrazione, in tal senso, ha fatto proprie sia le note con le quali la Questura comunicava i ripetuti interventi di accertamento da parte delle forze di polizia nei pressi del circolo per schiamazzi o musica d’alto volume provenienti dalla sua sede, sia delle proteste e degli esposti dei residenti riguardanti anche la consumazione di bevande alcoliche all’esterno”.

Oltre al chiasso notturno dunque, si sottolineano anche “fenomeni di degrado e di alterazione del decoro urbano, con compromissione della qualità della vita degli stessi residenti e in oltraggio alle comuni di regole di vita civile. Tale situazione si è ripetuta frequentemente con conseguente insostenibilità ed intollerabilità, anche alla ripresa delle attività del circolo, dopo un primo provvedimento di chiusura temporaneo emesso lo scorso mese di marzo.A tutto ciò va aggiunto che l’ARTA ha effettuato rilievi fonometrici dai quali è risultato un superamento marcato e consistente dei limiti di inquinamento acustico stabiliti dalla legge”.

Poi la chiosa: “Va anche ricordato che il presidente del circolo, Giorgio Giannella, era già stato invitato a porre in essere le misure necessarie ad eliminare la situazione di grave disturbo della quiete pubblica e di inquinamento acustico derivante dalla gestione delle attività del circolo. L’ordinanza, pertanto, stante la gravità della situazione, si è resa inevitabile”.

L’assessore al Commercio, Marco Tancredi, precisa come non ci sia “la minima intenzione repressiva nel provvedimento preso”.

 

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