Una Teramo blindata accoglie un migliaio di manifestanti: il corteo ‘anti-repressione’ salva la città. FOTO

7Tanto rumore per nulla. La Teramo blindata è uscita indenne dal corteo antifascista contro la repressione, che ha visto la partecipazione di un migliaio di partecipanti (poche centinaia all’inizio) e un dispiegamento mai visto di Forze dell’Ordine.

Le camionette di Carabinieri e Polizia hanno “invaso” la città già dalle prime ore di questa mattina. In giro, c’era un clima di forte tensione. “Mi raccomando, resta a casa oggi pomeriggio, ci sono i black block”. I black block, ovviamente, non c’erano.

In piazza Aldo Moro, dietro la stazione, si sono radunati centinaia di giovani che, al grido di “liberi tutti”, hanno chiesto la liberazione dei ragazzi condannati a seguito degli incidenti avvenuti a Roma, il 15 ottobre scorso. E, il corteo, alla fine, si è risolto pacificamente. Anche se loro, gli organizzatori di Azione Antifascista Teramo, dopo aver accolto i partecipanti arrivati da ogni parte d’Italia, lo hanno annunciato sin dall’inizio: “Reagiremo alle provocazioni”. Di provocazioni non ce ne sono state, nonostante gli slogan “anti-sbirro”.

Ad aprire il lungo serpentone, la mamma di Davide Rosci che, microfono alla mano, ha ringraziato i presenti, auspicando la liberazione del figlio “accusato ingiustamente” e “ingiustamente detenuto agli arresti domiciliari da oltre un anno”.

Alla fine, Teramo è uscita indenne, in uno strano sabato pomeriggio di febbraio, tra una spruzzata di neve, un raggio di sole e tanto, tanto freddo. La città è deserta, dalla periferia al centro. Il tradizionale mercato del sabato è stato rinviato, i negozianti hanno preferito abbassare le saracinesche. Neppure un bar, tranne qualche “impavido”, pochi in realtà. Tutto chiuso.

Dopo i Maya, quella che sembrava essere la fine del mondo per la città di Teramo si è conclusa, fortunatamente, bene. Qualche fumogeno, nulla di più. Qualcuno, per rendere omaggio al Carnevale, si è presentato addirittura “armato” di stelle filanti colorate. Certo, c’erano le sciarpe che coprivano il viso, i cappelli calati fin sopra gli occhi. E poi, quella strana contraddizione, che è solo una postilla.

Loro, gli stessi che hanno manifestato contro la repressione, si sono opposti con forza alle riprese video e agli scatti dei fotografi. Verrebbe spontaneo chiedersi: non è anche questa una forma di repressione?” (ovviamente, la galleria immagini è stata realizzata nonostante il “divieto”. E nel pieno rispetto dei partecipanti, ndr).

 

Marina Serra

 

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