Nella giornata del 19 settembre un gruppo di cacciatori ha effettuato una battuta di caccia all’interno del Sito di Interesse Comunitario “Calanchi di Atri” in violazione a quanto previsto dal Regolamento regionale “Organizzazione delle attività di controllo delle popolazioni di cinghiale” (delibera della Giunta regionale n. 224 del 28 aprile 2017 e relativo Allegato A).
Nel Regolamento, infatti, l’attività di caccia finalizzata al “presunto” controllo del cinghiale è comunque vietata sia nelle aree protette che nei Siti Natura2000 tra i quali rientra anche il SIC “Calanchi di Atri”.
I cacciatori, oltre ad essere entrati senza autorizzazione, hanno abbattuto, come peraltro evidenziato dagli stessi in un articolo di stampa uscito il 25 settembre, diversi cinghiali.
“Il fatto è di una gravità assoluta in quanto lascia presupporre che non vi sia alcun controllo degli enti e degli uffici preposti alla vigilanza, mostrando tutte le lacune del piano di controllo”, dichiara Luciano Di Tizio, Delegato del WWF Abruzzo. “Come WWF abbiamo contestato il Regolamento fin dall’inizio perché non è certo con i cacciatori, veri responsabili dell’introduzione massiccia di cinghiali nei nostri territori, che si potrà risolvere il problema dei danni alle colture. Ma in ogni caso, anche volendo applicare questo Regolamento, c’è bisogno di controlli durante le battute di caccia. Chi ha autorizzato questi cacciatori ad andare nel SIC? Chi li controllava? Come abbiamo denunciato più volte, ormai siamo nella più completa anarchia venatoria”.
E non è solo un problema faunistico, ma anche di sicurezza per le persone. “I residenti della zona ci hanno chiamato, lamentando comportamenti molto pericolosi”, aggiunge Adriano De Ascentiis, direttore dell’Oasi WWF e Riserva naturale regionale dei Calanchi di Atri. “Cacciatori con fuoristrada e fucili si sono intrufolati su terreni privati addirittura anche nelle ore notturne, sparando a pochi metri dalle abitazioni senza preoccuparsi di segnalare la loro attività. Cosa gravissima tenuto conto che la gittata delle carabine è di oltre 1 km e risulta essere molto pericolosa per persone, cose e animali domestici presenti nell’area. È assurdo inoltre che, mentre come area protetta ci sforziamo di fare un turismo di qualità portando turisti a conoscere il nostro territorio, dobbiamo fare attenzione a chi va a caccia senza alcuna regola in periodi dell’anno in cui peraltro l’attività venatoria sarebbe vietata!”.
Nella stessa area in cui è avvenuta la battuta di caccia, che dista peraltro poche centinaia di metri dalla Riserva dei Calanchi di Atri, due giorni dopo l’illegittima incursione armata è stata rivenuta la carcassa di un capriolo. Il capriolo, segnalato dai residenti al personale della Riserva, è stato preso in carico dagli uomini del Comando Stazione dei Carabinieri-Forestali di Atri. Si è ora in attesa del risultato degli esami in corso presso l’Istituto Zooprofilattico di Teramo per chiarire la causa della morte.
In ogni caso, al di là di eventuali responsabilità dirette dell’uomo, la morte del capriolo evidenzia di per sé le carenze e le problematiche che questo tipo di attività causa alla fauna protetta nei SIC. Gli animali subiscono gravi ripercussioni dalle operazioni di caccia per il disturbo arrecato al loro naturale comportamento: spari e cani li costringono infatti a spostarsi dai luoghi di sosta e svernamento mettendo a rischio la loro sopravvivenza.
È paradossale che si istituiscano SIC e si approvino Piani di Gestione degli stessi giustamente restrittivi per molte attività e contestualmente si permetta di praticare la caccia in assoluta discordanza con quelli che dovrebbero essere i principi fondamentali di conservazione di queste aree di pregio naturalistico.