Silvi, niente lavoro per una donna incinta. Partono le denunce

gravidanzaSilvi. Può sembrare un racconto da medioevo e invece, purtroppo, non è così. Accade ancora, nell’anno 2012, che una donna non venga assunta nonostante ne abbia pienamente diritto, a guardare la graduatoria. Il motivo? Semplicemente perchè aspetta un bambino.

Il rapporto di lavoro avrebbe dovuto instaurarsi a favore di un ente pubblico come l’Azienda di promozione Turistica della Regione Abruzzo (APTR) che “acquista” personale a tempo determinato dall’agenzia interinale per la gestione degli uffici di Informazione e Accoglienza Turistica (IAT).

Una vicenda assurda, denunciata a gran voce da Monia Pecorale, della Fp Cgil.

“Così come avviene da 10 anni” spiega “anche per il periodo estivo del 2012, la signora in questione è stata chiamata dall’agenzia interinale perché in graduatoria per l’assunzione a tempo determinato allo IAT di Silvi. Ma quest’anno la signora si è presentata con una sorpresa, evidentemente non gradita al datore di lavoro: una gravidanza al quinto mese. La cicogna non ha suscitato la usuale gioia che accompagna la buona novella, ma l’agenzia ha strappato dalle mani della signora il contratto di assunzione a causa di una precisa e, a quanto pare, consolidata scelta aziendale. L’agenzia interinale in questione è la Gi-Group di Pescara – vincitrice dell’appalto per la fornitura di lavoratori interinali all’APTR – e non ha avuto nemmeno la decenza di inventare una banale scusa per giustificare l’ignobile passo indietro. Riteniamo intollerabile il gravissimo atto discriminatorio che la Gi-Group di Pescara ha perpetrato nei confronti della signora e chiediamo, pertanto, che la signora venga assunta immediatamente per la violazione delle norme che ‘ancora’ vigono in questo Paese, che vengano presentate delle formali scuse, che venga restituita la dignità stracciata e che abolisca dalle sua politica aziendale la vergognosa pratica della non assunzione delle donne in maternità. Tutto ciò non sarà sufficiente, comunque, ad evitare la denuncia all’Ispettorato del Lavoro di Teramo, alla Consigliera di parità della provincia di Teramo e ad inoltrare regolare contestazione anche alle altre autorità competenti nazionali ed europee”.

La Fp Cgil di Teramo chiede, inoltre, di sapere se l’Assessorato regionale al Turismo è a conoscenza delle “incivili pratiche che avvengono per mano di strutture pagate con i soldi pubblici” e chiede di conoscere “quali atti intenderà porre in essere nei confronti della Gi-Group che, in tutta onestà, non potrebbe che concretizzarsi nella rescissione immediata del contratto di appalto”.

“Fino a che la maternità sarà considerata come una assenza dal lavoro e, quindi, da punire, o sottopagando la donna o non assumendola addirittura” conclude Pecorale “questo Paese non sarà un Paese per le donne e per i bambini. Non sarà mai un Paese civile”.

 

Il commento del vice capogruppo regionale dell’IdV, Cesare D’Alessandro, che ha rivolto un’interrogazione all’assessore al Turismo della regione Abruzzo, Mauro Di Dalmazio, affinché prenda le misure più urgenti e necessarie per tutelare il diritto al lavoro di tutte le donne. “Non possiamo accettare che simili vergognosi comportamenti si ripercuotano ancora a spese delle donne. L’assessore Di Dalmazio, fatti i dovuti accertamenti, dovrà prendere una posizione netta e precisa affinché alle donne in maternità sia riservato un trattamento almeno paritario nel mondo del lavoro. Innanzitutto dalla Regione, dagli Enti locali, dalle aziende dipendenti e dalle società partecipate, deve venire un segnale forte nei confronti della Gi-Group e di tutte le imprese: sia chiaro che mai potrà essere instaurato né mantenuto in piedi alcun rapporto di lavoro con quelle imprese che praticano la più odiosa delle discriminazioni! In questo senso proporremo e faremo votare un documento di impegno per tutta la Giunta regionale, chiedendo che da subito sia ristabilito il diritto al lavoro di chi è stato discriminato e, per il futuro, attuando comportamenti che escludano dagli appalti pubblici le ditte che non offrono adeguate garanzie per le pari opportunità”.

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