Ha nascosto l’auto in garage, poi trovata dai carabinieri ieri sera. E’ salito in uno degli appartamenti dei quali aveva le chiavi. Si è lavato. Poi si è spostato in uno al piano terra dove si è tolto la vita. In camera da letto. Ha deciso di farla finita, poco dopo aver ucciso la donna che tampinava da tempo, Enrico Di Luca, 69 anni, originario di Isola del Gran Sasso, con un passato da investigatore privato, separato, che da anni viveva sul litorale.
I carabinieri della compagnia di Alba Adriatica lo hanno trovato stamattina, poco dopo le 11, all’interno di un appartamento di via Baracca al civico 22. Gli in inquirenti erano sulle tracce da ieri pomeriggio, ma non erano riusciti a trovarlo. O meglio, il sospetto che fosse in quello stabile, dove si era tolto la vita, era forte. Di Luca, pur avendo venduto il suo alloggio, era in ottimi rapporti con i condomini del palazzo. Così lo ha descritto in vicino di casa. Aveva ancora la disponibilità delle chiavi del garage e di alcuni appartamenti, nei quali si occupava di effettuare periodi controlli e piccole manutenzioni nel periodo nel quale restavano vuoti. E in uno di questi h deciso di togliersi la vita dopo aver spezzato il maniera violenta quella della sua vittima, Ester Pasqualoni. Con ogni probabilità il 69enne si è tolto la vita già ieri sera (questo lo stabilità l’autopsia disposta dal sostituto procuratore Davide Rosati), ma i carabinieri sono andati per esclusione trovando l’appartamento in questione in mattinata, dopo aver rinvenuto l’auto usata per compiere il delitto.
Lo conoscevano tutti. Era amico di tutti, tant’è vero che in molti gli lasciavano le chiavi delle case della palazzina, visto che spesso si occupava anche di piccoli lavori condominiali”. Parla così di Enrico Di Luca, l’omicida della dottoressa Pasqualoni, il proprietario del bar che si trova in via Baracca, a Martinsicuro, proprio davanti alla palazzina dove è stato trovato il corpo senza vita dell’uomo. “Ultimamente lo si vedeva meno. So che aveva venduto il suo appartamento – continua – Ultimamente passava di rado. Prima però era un cliente abituale. Veniva ogni giorno a prendere le sigarette e il caffè. Sapevo che, pure essendo in pensione, collaborava come investigatore con un’agenzia. Era cordiale e gentile con tutti. Sempre disponibile”.
I precedenti. Ester Pasqualoni e il suo omicida si conoscevano dal 2005. Una semplice amicizia che non aveva avuto particolari implicazioni fino al 2013, quando aveva cominciato a ricevere messaggi insistenti. Seguita, ma mai forme di aggressione e altro. Situazione che aveva prodotto un esposto, il 24 gennaio 2014, al commissariato di Atri. Esposto al quale erano seguiti degli approfondimenti e il successivo ammonimento, il 30 gennaio dello stesso anno, da parte del Questore. All’uomo, in seguito all’ammonimento, era anche stato ritirato il porto d’armi. Da quel gennaio, la donna si era poi nuovamente rivolta alle forze dell’ordine ad aprile 2014 quando, trovandosi a camminare per Roseto degli Abruzzi, dove risiedeva, aveva chiamato i carabinieri segnalando che l’uomo era passato con l’auto e sembrava la stesse riprendendo. A quel punto, proprio a fronte dell’esistenza del provvedimento di ammonimento, i carabinieri di Roseto avevano fermato l’uomo, sequestrandogli la telecamera che aveva in macchina, e mandato un fascicolo in Procura.
Dopo la convalida del sequestro, chiesta dal pm di turno, il fascicolo era passato ad un altro sostituto procuratore che, sulla scorta di ulteriori accertamenti e anche della visione dei filmati della telecamera sequestrata, aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo. Richiesta di archiviazione che era stata comunicata anche alla parte offesa che avrebbe fatto, tramite il suo legale, richiesta di accesso agli atti ma nessuna richiesta di opposizione all’ archiviazione. Dopo l’archiviazione del fascicolo da parte del gip, secondo quanto si è potuto apprendere, nessuna altra denuncia sarebbe arrivata sui tavoli delle Forze dell’ordine. Il provvedimento di ammonimento era ancora in corso, non essendo mai stato revocato.
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