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Teramo, il disagio degli sfollati: “Noi, discriminati e trattati da bisognosi”

Una scossa più forte delle altre e all’improvviso il mondo che cambia. Case non più sicure che costringono famiglie intere ad essere “accompagnate” fuori. Così, alla ricerca di una quotidianità perduta, si cercano alternative. E qui, nonostante l’esperienza di L’Aquila 2009 che aveva toccato il cuore degli abruzzesi, una triste realtà. I prezzi degli affitti all’improvviso salgono alle stelle, mentre l’ospitalità degli sfollati diventa business.

L’esperienza di una famiglia teramana, da qualche giorno costretta ad abbandonare l’appartamento, poiché avrebbe dovuto subire degli interventi di restauro dopo il sisma aquilano restano ancora così con lavori al palo per via di una burocrazia troppo lenta (la pratica amministrativa impantanata tra uffici comunali e Protezione civile), sembra essere l’emblema di quanti, anche a Teramo, lucrano sulle difficoltà di altri.

“Uscire di casa all’improvviso ci ha letteralmente disorientati”, racconta una professionista teramana, mamma, con la casa dichiarata inagibile. “Abbiamo optato per la sistemazione in albergo che ci era sembrata la più idonea almeno in questo primo momento, in attesa poi di trovare una casa in affitto”, continua la donna che, però, ammette di aver dovuto fare i conti con una realtà molto più dura rispetto a quanto immaginato.

Innanzi tutto la sistemazione alberghiera, con la preferenza, da parte dei titolari delle strutture ricettive, delle coppie senza bambini, visto che per i piccoli, che comunque occupano un posto, la Protezione civile versa una quota ridotta. E poi il vitto, con ristoranti che impongono orari specifici e piatti fissi (spesso gli stessi), senza tener conto delle esigenze delle persone, come appunto i bambini.

“Ad ogni pasto riceviamo lo scontrino di 11 euro anche se consumiamo di meno”, continua la professionista. E poi li hanno definiti “bisognosi”, senza considerare il dramma che vivono già solo per il fatto di essere stati cacciati dalle loro case, con i bambini spaventati e smarriti, in una realtà che è tanto lontana da quella che era la loro quotidianità.

Un terremoto che è caduto sulla testa di una città probabilmente non pronta, come testimoniano anche le vicende legate alle scuole, che poco aveva fatto dopo il sisma del 2009 nella prevenzione e nell’organizzazione della gestione delle emergenze, con personale spesso impreparato.

Un terremoto che rivela anche una faccia della città che davvero non piace. “Abbiamo avuto la solidarietà di tanti che hanno cercato di venirci incontro nel miglior modo possibile”, conclude la mamma, “ma abbiamo dovuto constatare anche come ci sia chi, in una situazione così difficile, sappia pensare solo ai propri interessi”.