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Teramo Nostra torna a denunciare lo stato di abbandono della chiesa San Giuseppe

Una denuncia alla Procura della Repubblica per salvaguardare la chiesa di San Giuseppe, visto che, nonostante i ripetuti solleciti, né la curia di Teramo né la Sovrintendenza hanno messo in campo azioni per custodire il prezioso edificio storico e dal forte connotato religioso per il miracolo della fonte in cui fu vista apparire la Madonna.

A portare avanti una battaglia che punta a salvaguardare e valorizzare la chiesa è l’associazione Teramo Nostra e il Masci (Movimento adulti scout cattolici italiani) che, con l’avvocato Giovanni Gebbia, sta seguendo la procedura legale.

Con l’ultimo terremoto, infatti, è visibile una frattura rovinosa del campanile a vela con tre celle campanarie, che ha perso il puntale ma, nonostante ciò, la chiesa non sarebbe soggetta ad interventi consolidativi per l’ultimo sisma. A ciò si aggiunge il rovinoso crollo del tetto, avvenuto qualche tempo fa, che potrebbe aver causato danni anche all’interno. Ma attualmente non è stato possibile avere delle ricognizioni precise sull’edificio visto che non sono state fornite né da parte della curia né della Sovrintendenza.

Secondo il Comitato di Salvaguardia e Valorizzazione, dunque, nonostante diversi solleciti presentati in passato, ad oggi non sarebbero stati ancora effettuati neanche dei provvedimenti temporanei e tempestivi per la copertura del tetto. E che la tutela della chiesa non venga attuata è testimoniata anche dalla recinzione di circonvallazione Spalato prossima alla chiesa, da tempo divelta, che non è stata ancora sistemata con grave pericolo per i passanti cittadini.

Brevi cenni sulla chiesa di San Giuseppe

Chiesa centrale, pur apparentemente extra moenia, che si trovava all’ingresso della barriera della grascia, punto strategico di ristoro per i viandanti che potevano rifornirsi d’acqua dalla copiosa fonte e sottostare al dazio.

Anticamente fu sito del tempio di Venere e nel luogo stesso, nell’Ottocento, fu rinvenuta la Venere assisa che, spostata nel Novecento nella Villa Comunale è poi è stata oggetto di attenzione di un artista napoletano che ha esaltato questa immagine esposta poi al museo Gnam di Napoli.

Questo luogo, accanto alla porta della quercia, è stato descritto in latino a caratteri gotici da Luca di Manoppello nel 1270 – lapide murata nella chiesa stessa e attualmente coperta da una incongrua muratura che ha nascosto la cappella di San Giuseppe decorata all’inizio del Novecento dal pittore Ugo Sforza.

Dal miracolo, così come descritto nella lapide della fonte, l’apparizione della Madonna sopra a una sorgente, fu edificata la chiesa che nel tempo poi venne dedicata a San Giuseppe,

Della originaria chiesa si aveva un altare laterale dove era stata collocata la Madonna di pietra policromata del Trecento, cosiddetta della Neve, asportata dalla chiesa e collocata all’interno della cappella vescovile.

Contemporaneamente all’asportazione della Madonna della Neve fu definito in modo incongruo l’ambiente, rivestendolo di moquette blu per l’ufficio sacro dei neocatecumenali (oggi trasferitisi nella chiesa di San Giovanni).

Dall’altare della Madonna della Neve è sparito, negli anni Novanta, il San Rocco, opera di un artista montoriese del Seicento.

Nella parete di sinistra della chiesa una lapide murata ricorda le inumazioni dell’antica famiglia Montani.

Al centro della navata principale lo sfarzoso altare ligneo barocco rivestito in oro zecchino con 5 tele del pittore polacco Sebastian Majewski.

La chiesa che fu anche sede parrocchiale nel Seicento, con la divisione della città in Sestrieri fu sempre sotto il patronato dei baroni Tulli, che finirono decimati nella strage del Borghetto del 1799 da parte della reazione borbonica – Alessio Tulli, scrittore storico teramano autore della storia di Teramo fece parte del circolo degli illuministi che si riunirono a Fonte Baiano con i vari Delfico, Comi e Quartapelle.

La custodia della chiesa dal 1799 in poi la tenne la famiglia Di Pietro, il cui discendente Vincenzo, organaio provetto della ditta omonima di scuola lombardo veneta dei Callido, fu segretario della confraternita dei falegnami, sede idonea per onorare il patrono della categoria.

Il prezioso e primo altare barocco d’Abruzzo, ancora in buone condizioni, non essendo la chiesa officiante e quindi priva dei fumi delle candele, ha 5 tele che rappresentano la storia del Cristo con particolari della fuga in Egitto, di San Giuseppe falegname, lo sposalizio della Vergine, la Sacra famiglia e il ritorno dall’Egitto. In alto una tavola dipinta sulla Madonna del Rosario.

Le campane della torre a vela, lesionata dal terremoto, furono fuse dalla ditta Della Noce di Penna Sant’Andrea.

La chiesa quindi, pur apparentemente extra moenia a seguito della definizione della strada della circonvallazione delle Portelle, è una delle più preziose della città, ancora in buona parte integra al di là degli stravolgimenti fatti di recente senza la tutela della Sovrintendenza e merita la massima attenzione della città oltre che dei fedeli.