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Teramo, Dino Boffo: “Essere giornalisti? Serve senso di responsabilità e coscienza”

Teramo. Libertà, verità, responsabilità e coscienza. Sono questi i quattro pilastri su cui si deve fondare la comunicazione. Ne è convinto Dino Boffo, ex direttore del quotidiano Avvenire e attualmente alla guida di Tv2000, l’emittente televisiva della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, ospite oggi della Diocesi di Teramo-Atri. Boffo è tornato a parlare per la prima volta in pubblico dopo un anno e mezzo di silenzio. Un anno e mezzo è, infatti, trascorso dalle note vicende che lo hanno visto protagonista nella diatriba con l’allora direttore di Libero, Vittorio Feltri. Episodio, questo, che portò alle sue dimissioni dal quotidiano della Cei.

Si è svolto questa mattina, nella Sala dell’Episcopio di Teramo, il tradizionale incontro tra il Vescovo Mons. Michele Seccia e gli operatori della comunicazione sociale, in occasione delle celebrazioni per San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. “Essere giornalisti oggi, tra libertà e responsabilità” è stato il tema approfondito in questa giornata, alla quale hanno partecipato numerosi i protagonisti della stampa locale.

“Libertà e responsabilità” ha detto Boffo “è un binomio classico e irrinunciabile per i giornalisti”. Ma non possono prescindere da altri due fattori chiave per la professione: verità e coscienza. La libertà, dunque, intesa come “impiego pieno di se stessi non condizionato impropriamente dall’esterno e non dimezzato dall’interno”. Responsabilità come “attitudine ad assolvere con decoro il proprio compito”. La verità, poi, che è diversa dall’opinione ed è quella realtà che cerchiamo e raccontiamo. “Oggi purtroppo assistiamo ad una dissoluzione della realtà: conta ciò che diciamo e spesso potrebbe non avere a che fare con il reale. E così tutto diventa interpretazione. Queste sono favole scritte su giornali che si qualificano come fogli di vita reale”.

Una dichiarazione, questa, che sembra fortemente legata alla vicenda personale che ha visto coinvolto l’allora direttore di Avvenire e che ha generato il cosiddetto “metodo Boffo”. Infine, il quarto pilastro, la coscienza, che “non è solo la scatola nera della nostra vita, in cui ognuno porta i segni della propria storia, ma la forza motrice che mette in moto la propria libertà e la induce a confrontarsi con la realtà. Scegliere secondo coscienza è una frase che oggi ha subito una contraffazione, pur senza volerlo. Spesso si confonde con il diritto ad agire a proprio piacimento, ma non è vero che si può scrivere di tutto”.

Secondo Boffo, i guai del giornalismo attuale sono legati al rapporto tra informazione e potere: “un giornalista non può essere grossolano, anche un minuto di più è fondamentale, perché noi non siamo scrittori di fiabe, ma i mediatori tra realtà e lettori. Pignoleria, pazienza, coraggio, umiltà: questo serve nella nostra professione. Dobbiamo spenderci e perderci, costi quel che costi, per dire almeno un po’ di quello che va detto. Anche davanti ai poteri”.

Peccato, però, che sempre più spesso l’informazione è per forza di cose strettamente legata alla “voce del potere”. Lo sanno bene le migliaia di giornalisti precari, che vedono ripagare il proprio lavoro con quelle 2 o 3 euro a pezzo. In questo caso, che fine fa la dignità del giornalista?