In particolare, nella giornata di sabato, i numerosi turisti presenti sulla spiaggia di Giulianova hanno potuto ammirare questi mezzi in azione, giacchè proprio nello specchio d’acqua antistante la spiaggia nord della cittadina adriatica i veivoli si sono riforniti d’acqua fin dalle prime ore dell’alba, costituendo uno spettacolo per grandi e piccini.
Ma, purtroppo, il lavoro dei piloti di queste grandi aeromobili, per quanto spettacolare, non è esente da rischi.
“Prima di attaccare il fuoco già bisogna prefigurare una via di scampo. Il pilota deve calcolare e vedere in pochi attimi dove spira il vento, l’orografia del territorio, gli ostacoli che ha davanti. Non sempre gli elementi confluiscono a dare una via di uscita sicura, talvolta bisogna scegliere alla meno peggio” dichiarava Raffaele Pullieri, pilota istruttore ed esaminatore, ammiraglio della marina, presidente dell’Aero club dell’Aquila, in un’intervista rilasciata qualche anno fa ad un quotidiano locale.
“Purtroppo sono gli imprevisti a rendere le manovre ad altissimo rischio. I piloti di Canadair sono estremamente bravi. Non basta, infatti, essere piloti per essere impiegati in operazioni speciali, come quella di spegnimento incendi. Il momento più rischioso è quello dello sgancio dell’acqua. Il problema è che l’aereo si trova in un ambiente decisamente sfavorevole: vola a bassa quota, tra le montagne, ci sono le turbolenze dovute al vento e ai rotori.
C’è l’insidia dell’aria calda prodotta dall’incendio. L’aria sale verso l’alto e rende difficoltosa l’operatività e la gestione del volo. Poi al momento di sganciare l’acqua, il velivo si alleggerisce di colpo di cinque tonnellate e viene risucchiato verso l’alto”. Dopo lo sgancio c’è un ulteriore rischio, quello di riprendere quota in pochi attimi. “Dopo lo sgancio dell’acqua bisogna trovare la via di scampo. Lasciare la zona, fare rifornimento e tornare sul posto, ma non è detto che quando si torna si trovano le stesse condizioni di prima. Anzi, in pochi attimi di fronte ad un incendio le cose cambiano. Ogni volta è un forte stress. Un lavoro faticoso, difficile. E’ necessaria una grande concentrazione”.
Per questo, anche se i piloti sono super addestrati, la tragedia è sempre in agguato. Come nel marzo del 2005, quando il teramano Stefano Bandini e il suo collega senese Claudio Rosseti sono deceduti nel compimento del proprio dovere per lo schianto del Canadair sul quale prestavano servizio antincendio.
Una tragedia che, ultimamente, ha avuto ulteriori strascichi giudiziari con la richiesta di riapertura dell’inchiesta da parte dei familiari dei politi deceduti.
Resta il fatto, qualunque sia l’esito dell’inchiesta della magistratura, che questi uomini sono eroi del nostro tempo, piloti di canadair ed elicotteri, vigili del fuoco, guardie forestali, protezione civile, che rischiano la vita per gli altri e a volte la perdono, magari a causa dello sconsiderato di turno che, per follia o mania di protagonismo, brucia un bosco senza rendersi conto di quante vite umane mette in pericolo.
Raffaele Di Marcello