Malasanità all’ospedale di Atri. Ragazzo di Roseto in stato vegetativo per una diagnosi errata

giuseppe_piccioniRoseto. Con questo articolo vi raccontiamo la storia di un ragazzo di 27 anni, Giuseppe Piccioni residente in contrada Giardino di Roseto. E’ in gravissime condizioni, ricoverato all’ospedale di Atri per un’errata diagnosi da parte dei medici che lo hanno operato di appendicite quando in realtà le cause del suo malessere erano dovute a ben altri fattori. Lo scorso 12 luglio Giuseppe viene accompagnato all’ospedale San Liberatore per dei forti dolori addominali. In seguito ad esami clinici forse un po’ troppo superficiali, viene diagnosticata da un medico chirurgo un appendicite peritonea da operare con urgenza.
L’intervento viene eseguito poche ore dopo e l’appendicite risultata solo infiammata. La degenza post-operatoria procede nel reparto di chirurgia dello stesso ospedale. Nei giorni successivi ai traumi post operatori iniziano a manifestarsi delle forti scariche diarroiche (fino a 18 in un ora e 50 al giorno), affiancate da un eccessiva sudorazione.
Lo stato di salute di Giuseppe appare subito piuttosto preoccupante per i famigliari che segnalano la situazione a più riprese ai medici ed al primario del reparto di chirurgia. Gli stessi rispondono alle preoccupazioni dei famigliari sostenendo che il quadro clinico era normale e sotto controllo.

A questo quadro clinico invariato, il giorno venerdì 16 luglio si aggiunge uno stato confusionale degenerativo: non era più possibile interloquire con Giuseppe che sembra perdere conoscenza.
Questo nuovo sviluppo viene giustificato dai medici del reparto di chirurgia come conseguenza di una disidratazione che comunque a loro dire non destava alcun pericolo.
Il giorno seguente, sabato 17 luglio, il fratello Luca, preoccupato per le condizioni piuttosto critiche di Giuseppe minaccia di portarlo via dall’ospedale con il letto. In questo modo ottiene il trasferimento del fratello nel reparto di rianimazione dello stesso ospedale per essere reidratato dei liquidi che aveva perso.
Per i medici del reparto di rianimazione il quadro appare subito gravissimo e chiedono al fratello di autorizzare l’anestesia totale per inserire un cannula per la ventilazione assistita, in quanto Giuseppe nel suo stato di delirio non era più in grado di intendere e di volere.
Domenica 18 luglio Giuseppe è ancora alle prese con una scarica di diarrea (l’ultima) e la dottoressa della rianimazione esegue un esame di coprocultura, riscontrando la presenza di un parassita, l’Anisakis, presente nelle alici che Giuseppe aveva mangiato due giorni prima del ricovero in un ristorante di Francavilla.

Se questo semplice esame fosse stato eseguito alle prime scariche diarroiche nei giorni seguenti all’operazione di appendicite, questa storia non l’avremmo dovuta raccontare. Giuseppe non si è più svegliato e da mercoledì 21 luglio ed è sopraggiunta, secondo quanto stabilito dai medici, la morte cerebrale, giustificata come conseguenza della disidratazione avvenuta nei giorni precedenti.
“Ora Giuseppe è attaccato ad una macchina che lo tiene in vita”, dicono in lacrime gli amici, “e continua a lottare, perché Giuseppe ama la vita e noi amiamo lui. Abbiamo voluto raccontare questa storia per il nostro amico Giuseppe. Oggi siamo qui a sperare e pregare che qualcosa possa succedere in questa triste storia consumata ancora una volta nello squallido labirinto della malasanità”. Sulla vicenda, la Procura di Teramo, dopo la denuncia presentata dai familiari del ragazzo di Roseto, è stata aperta un’inchiesta. Pronti già i primi avvisi di garanzia.

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