Protagonista un rosetano di 45 anni, Antonio Cerquone, divorziato, padre di due figli, in enorme difficoltà economica a causa delle spese straordinarie a cui per legge deve far fronte nel mantenimento dei figli.
L’uomo, assistente tecnico presso un istituto professionale, è tenuto a versare mensilmente 333 euro a fronte di uno stipendio netto di mille euro, oltre a provvedere per il 50% alle spese mediche e straordinarie. “Inoltre” aggiunge Cerquone “io vivo in affitto e, dunque, da solo provvedo anche al pagamento della mia abitazione e di tutto ciò che mi serve per vivere”.
Da qui le prime difficoltà economiche, che però l’uomo assicura non avrebbero comunque ostacolato la sua intenzione di aiutare economicamente i suoi figli. “Il problema” spiega, infatti, in merito “sono le spese straordinarie. Nel 2007, mio figlio è stato iscritto a mia insaputa presso una scuola privata, la cui retta di iscrizione annuale ammonta a 2.400 euro. La madre chiede il 50% di tale retta, oltre a libri, quaderni e quant’altro. Nove mesi fa, mi è stata così notificata una prima richiesta di pagamento, a cui sono riuscito a far fronte disponendo del residuo di un mutuo e chiedendo ad un mio amico un prestito di 300 euro”.
L’uomo dichiara di aver provato a “stringere la cinghia” fino a che non è, però, giunta una seconda ingiunzione di 2.500 euro. “A questa non sono riuscito a far fronte” continua Cerquone, “perciò decisi di girare alla mia ex moglie il mio intero stipendio di febbraio e contemporaneamente di dare inizio ad uno sciopero della fame. Feci lo stesso con lo stipendio di marzo e con quello di aprile”.
Nonostante questo, lo scorso maggio l’uomo ha ricevuto un invito a comparire presso il Tribunale di Teramo in quanto la controparte avrebbe chiesto il pignoramento dello stipendio. Cosa poi effettivamente avvenuta, in quanto la donna sarebbe riuscita ad ottenere il pignoramento di 1/5 del salario dell’ex marito per un’ulteriore cifra di 1.084 euro. La motivazione addotta riguardava il fatto che Cerquone non avrebbe pagato entro i termini stabiliti dal Tribunale.
“Come facevo?” si chiede l’uomo. “Un secondo lavoro non mi è consentito per legge in quanto sono un lavoratore dipendente pubblico. Anche lavorare in nero è contro la legge. Come facevo? Sembra di essere tornati ai tempi di re Giovanni e dello sceriffo di Nottingham, quando chi non poteva pagare le tasse perché povero in canna finiva in carcere”.
L’uomo ha scelto, pertanto, di incatenarsi per difendere i suoi diritti fondamentali alla vita e alla salute sanciti dalla Carte dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. “Non ho mangiato per garantire quella cifra” accusa l’uomo “e, nonostante questo, mi hanno comunque pignorato lo stipendio. Mi appello alle istituzioni affinché si possa interpretare meglio la legge”.
Tania Di Simone