Teramo. Erano finiti a processo nell’ambito di un’inchiesta su un agente di polizia penitenziaria accusato di aver fatto tutta una serie di favori a detenuti ed ex detenuti del carcere di Castrogno.
Processo che oggi ha visto l’assoluzione di Vincenzo Varriale, all’epoca detenuto a Castrogno, dalle accuse di corruzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, e la condanna ad 8 mesi per falso in atto pubblico, con sospensione della pena e non menzione nel casellario giudiziale di una dottoressa, Alessandra Pilotti.
Condanna arrivata per un solo capo di imputazione relativo ad un certificato medico rilasciato all’agente di polizia penitenziaria (che aveva già definito la sua posizione con un patteggiamento) e di cui è stata dichiarata la falsità ideologica. Sempre la dottoressa è stata invece assolta da altri capi di imputazione sempre di falso relativi ad altri certificati e dall’accusa di truffa (connessa al rilascio dei certificati, che l’agente avrebbe utilizzato per assentarsi dal lavoro). La vicenda che aveva visto i due finire a processo è quella scoppiata nel 2014, quando sul tavolo del pm Luca Sciarretta era arrivato uno stralcio di un’indagine della Dda di Napoli.
Quest’ultima, indagando su alcune persone legate al clan dei Casalesi, aveva acceso i riflettori su strani rapporti tra l’agente di polizia penitenziaria Giancarlo Arononi e alcuni detenuti ed ex detenuti del carcere di Castrogno. Da qui l’apertura di un fascicolo da parte della Procura di Teramo, che lo scorso anno aveva portato alla sospensione dal servizio dell’agente, accusato di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio, falso in atto pubblico e truffa. Accuse per le quali a luglio 2014 Arnoni aveva patteggiato una pena di due anni ed otto mesi, con il fascicolo a carico dell’uomo che aveva portato anche al rinvio a giudizio di altre due imputati: l’ex detenuto Varriale, accusato di aver corrotto l’agente, dietro il pagamento con formaggi, salumi e vino, per far entrare la droga in carcere, e la dottoressa, accusata di aver rilasciato all’agente dei certificati medici senza visitarlo. Certificati che l’agente avrebbe utilizzato per assentarsi dal lavoro percependo indebitamente stipendio ed indennità di malattia. La Procura aveva chiesto la condanna a 4 anni per Varriale e ad un 1 anno e 6 mesi per la dottoressa.