Inizia la battaglia del Cirsu e dei Comuni soci per ottenere l’annullamento della sentenza di fallimento emessa dalla sezione fallimentare del Tribunale di Teramo dello scorso 10 settembre.
Lo studio legale Guggiardi-Sotgiu e l’avvocato Dettori hanno presentato infatti il ricorso per conto del consorzio. Per i Comuni gli atti sono stati approntati dall’avvocato Referza.
“Il ricorso è stato depositato il 12 ottobre scorso”, ha sottolineato il presidente del Consorzio Angelo Di Matteo, “abbiamo la certezza che sia un ricorso fondato su elementi solidissimi che puntano a smontare la sentenza, che noi ovviamente rispettiamo”.
Ottanta pagine il ricorso del Cirsu, circa 100 gli allegati, e soprattutto una serie di elementi che puntano a minare la sentenza di primo grado che, secondo i ricorrenti, si basa fondamentalmente su un castello di carta, pronto ad essere spazzato via.
“Ci sono elementi”, ha aggiunto Di Matteo, “che fanno pensare tutto sommato che qualcosa non sia andato tutto per il verso giusto”.
Le inesattezze a cui Di Matteo fa riferimento sono almeno 2: la prima è che la sentenza di baserebbe su una relazione di parte, della Pricewaterhouse Coopers Spa, incaricata della Deco di Rodolfo Di Zio (il soggetto che ha avviato la procedura fallimentare per un credito di 2milioni e 250mila euro) di accertare i bilanci e lo stato patrimoniale del Cirsu. La Price nella sua relazione tuttavia tiene a sottolineare che l’atto prodotto non può essere tenuto in debita considerazione. Infatti, al limite il tribunale avrebbe dovuto creare un contraddittorio nominando un consulente d’ufficio, dando a Cirsu e a Deco la possibilità di procedere a loro volta con la nomina di un consulente.
L’altro aspetto su cui si basa il ricorso è la dimostrazione che il Consorzio è attivo, operativo a tutti gli effetti, solvibile ma inadempiente. L’inadempimento non può essere mai causa di fallimento. Nella sentenza però si parla di inattività del Cirsu e di insolvibilità. E che sia solvibile lo dimostra il fatto che il bilancio al 31/12/2014 aveva un potenziale finanziario di 2milioni e 700mila euro, cresciuto a 3milioni e 300mila circa al 10 settembre 2015, giorno della sentenza di fallimento, con un movimento mensile di circa 100mila euro.
Il tribunale però ha deciso per il fallimento, su istanza di Di Zio. Un fallimento giunto a meno di 30 giorni dall’ultimazione dei lavori del secondo invaso, “Grasciano 2”. C’è fiducia tra i ricorrenti. La Corte D’Appello fisserà presto l’udienza, attesa entro il 12 dicembre, 3 giorni prima della riconsegna della relazione al Tribunale Fallimentare da parte dei tre curatori.