Giulianova. Erano in tanti, sia stamane a Villa Filiani di Pineto, sia oggi pomeriggio nei locali del Sottobelvedere di Giulianova, alla presentazione del libro “Don Vito”, scritto dal giornalista de La Stampa Francesco “Ciccio” La Licata, con l’importante collaborazione di Massimo Ciancimino, quarto dei cinque figli di Vito, potente esponente politico siciliano a cavallo degli anni ’80 e ’90.
L’iniziativa, che si inquadra nell’ambito del Premio Giornalistico “Giuseppe Fava” organizzato dall’associazione Società Civile di Leo Nodari, ha scosso le coscienze dei presenti. L’introduzione di Nodari è servita soprattutto a far capire come oggi sia davvero difficile poter parlare, come si stia in pratica assistendo ad un vero e proprio attentato alla democrazia e alla libertà di informazione. Pippo Fava fu ammazzato nell’84 perché considerato un personaggio scomodo. Giornalista di spessore che fu quasi costretto ad inventarsi editore per poter urlare la sua rabbia e lottare contro i poteri forti, denunciando la connivenza tra Cosa Nostra, ovvero la mafia, e la politica.
Oggi la platea ha avuto modo di conoscere da vicino testimoni importanti di quel periodo, perché alla presentazione del libro “Don Vito” c’erano i protagonisti, l’autore La Licata che dalle mani del Sindaco Francesco Mastromauro ha ricevuto il premio “Fava”, lo stesso Massimo Ciancimino e Sandro Ruotolo, volto giornalistico conosciuto di Rai Tre, che ha seguito direttamente tantissime inchieste che hanno riguardato la mafia e i politici. Cianciamino ha avuto il coraggio di parlare attraverso la stampa all’opinione pubblica, alla gente. E in qualche modo ha anche aiutato la magistratura, che sta indagando in Sicilia sul malaffare tra Stato e mafia, a sdoganare il suo cognome. Vito Ciancimino è stato assessore ai lavori pubblici di Palermo e per un breve periodo anche Sindaco di questa città. I rapporti con Bernardo Provenzano e con Totò Riina erano frequenti e diretti. Addirittura gli incontri avvenivano a casa di Don Vito.
“Non è facile parlare dell’altra sponda”, ha raccontato Ciancimino durante il suo intervento, “non ho parlato prima perché nessuno me lo ha mai chiesto. E dinanzi ai magistrati non è stato facile dimostrare di essere credibili. In molti si sono chiesti “ma chi me lo faceva fare”. Sono qui per farmi accettare dalla cultura antimafiosa e per dare forza a quella magistratura che vuole combattere il male”. Il libro scritto da Ciccio La Licata è ricco di documenti, di testimonianze che lasciano capire come ancora oggi Cosa Nostra e poteri forti dello Stato abbiano delle relazioni, degli intrecci. Ciò che Massimo Ciancimino ha finora raccontato ai magistrati (ben 4 Procure stanno indagando) è molto importante. Non vuole certamente essere la verità, anche perché non spetta neppure a lui stabilire la prova. Ma una cosa l’ha fatta: ha fornito spunti, documenti soprattutto, che disegnano un quadro molto preoccupante che potrebbe portare all’azzeramento di quella che oggi viene chiamata “Seconda Repubblica”. E c’è da chiedersi perché chi parla, chi racconta attraverso le pagine di un giornale qualcosa di scomodo debba essere additato. Mentre chi tace è colui che sarebbe nel giusto. Ha detto bene Ciccio La Licata nel suo intervento: oggi l’esercizio della critica sembra un reato di lesa maestà.
Lino Nazionale