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Tortoreto, il nido della tartaruga non si trova. Ma per gli esperti ha deposto

Una lunga giornata di ricerche che non ha portato al risultato voluto. Nonostante l’impegno del personale del Centro studi cetacei e del Wwf che ha perlustrato l’area fino a sera, non è stato individuato il punto nel quale la tartaruga femmina di circa 30 chili della specie “Caretta Caretta”, avrebbe potuto deporre le uova nella primissima mattinata di ieri, prima  di essere vista aggirarsi tra gli ombrelloni dello stabilimento “Santa Fe” a Tortoreto.

Secondo gli esperti, infatti, il rettile marino si sarebbe avventurato sulla sabbia solo per cercare un nido per i suoi piccoli, ad una profondità di circa 35 centimetri, ma a causa della presenza delle persone in quel tratto di spiaggia, ogni traccia è andata perduta ed è difficile individuare il posto esatto scelto dalla tartaruga per mettere al riparo le uova.

Secondo Vincenzo Olivieri delle Centro cetacei di Pescara e Adriano De Ascentis membro del Wwf, con ogni probabilità intorno a settembre le tartarughine dovrebbero venire alla luce e, una volta sgusciate, torneranno in acqua. E proprio per questo gli esperti torneranno sul posto in quel periodo per verificare che ci sia stata l’eventuale schiusa ed aiutare i piccoli a raggiungere il mare.

L’evento è stato seguito con grande attenzione anche dai proprietari dello stabilimento interessato che fin da subito hanno mostrato una grande attenzione per l’animale e collaborazione con le associazioni animaliste. Con ogni probabilità la tartaruga ha nidificato tra la quinta e la sesta fila e proprio in quel tratto i titolari dello chalet hanno assicurato una particolare prudenza nel non piazzare altri ombrelloni e nel vietare lo scavo di buche profonde.

La vicenda, che di certo ha un carattere di eccezionalità, non è però nuova per la costa teramana che, proprio un paio di anni fa, ha assistito ad una vicenda analoga sulla spiaggia di Roseto. Mentre passeggiava sull’arenile, infatti, una donna notò una piccola tartarughina appena nata. All’animale, preso subito in consegna dal Centro Cetacei, fu dato il nome di Giulia, proprio in onore della sua scopritrice, Giulia De Nigris, e venne liberata solo qualche giorno più tardi, dopo che gli esperti risciurono ad individuare il nido che venne sorvegliato sino alla schiusa completa delle uova.