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Teramo, Nuove Armonie: “I costi del referendum? Li farei pagare al sindaco!”

Teramo. Il dibattito sul referendum cittadino si fa sempre più pressante. Sembra quasi che, in barba a tutti i problemi che affliggono la città di Teramo, l’unico dilemma sia “vecchio stadio si – vecchio stadio no”.

E oggi, torna a parlarne il presidente dell’associazione Nuove Armonie Enrico Melozzi, secondo il quale il discorso si sta spostando sempre più sui costi del referendum, piuttosto che sul motivo che ha spinto a decidere di farlo.

Così come la questione sembra riguardare più il costo di un’eventuale creazione dell’assessorato alla Trasparenza, piuttosto del perché si avverte una tale esigenza.

“Ci si sofferma” scrive Melozzi in una nota “sui costi delle multe che il comune dovrebbe pagare se si volesse tornare indietro sul Project del Teatro, senza pensare che una multa è anche conseguenza di un atteggiamento sbagliato. Questi costi rappresentano sicuramente una spesa per la collettività; ma domandiamoci anche quanti soldi sono stati sperperati in ambito culturale, con un vero atteggiamento anti-economico, anti-produttivo, tanto che addirittura la politica ha incominciato a dare segnali di intolleranza nei confronti di chi per anni ha creato un sistema che arricchisce solo il singolo, a dispetto di un impoverimento culturale diffuso, che sta generando ogni giorno sempre più malessere”.

Melozzi cita poi l’assessore regionale Mauro Di Dalmazio, il quale ha di recente sostenuto il bisogno di un netto cambiamento del sistema.

“Sarà difficilissimo abbattere il muro dei privilegi e trasformare questo sistema in un meccanismo virtuoso. Ci saranno fortissime resistenze da parte di chi negli anni ha accumulato privilegi. Nuove Armonie lo dice oramai da tre anni. Quindi è grandissimo il piacere nel constatare che anche la politica abbia iniziato a vedere le cose con i nostri occhi. Ci riempie di orgoglio. Il discorso dello sperpero da parte degli enti finanziatori è sotto gli occhi di tutti”.

Entrando poi nello specifico, Melozzi tira fuori i numeri.

“Affittare la sala” scrive ancora “costa dalle 1500 alle 2000 euro al giorno. In un anno il ricavato massimo potrebbe essere di circa 700 mila euro, solo per il noleggio a terzi. I guadagni potrebbero anche essere maggiori se in una giornata di alta affluenza al cinema l’incasso può raggiungere le 5600 euro a proiezione, che togliendo le tasse si riduce a circa 2000 euro a proiezione. Moltiplicando per 3 spettacoli al giorno si ottiene la cifra di 6000 euro al giorno. Ebbene, il Comune lo affida alla attuale gestione privata ad una cifra minima di circa 20 mila euro. Quant’è la perdita per le casse del comune? Non ci vuole un matematico per ricavarla. Oscilla dalle 500 mila a 1.000.000 di euro annui. L’assurdo addirittura si tocca quando è il Comune a dover organizzare gli spettacoli ed è di nuovo il comune a pagare. Quindi, dando per scontato che abbiamo già perso circa 750 mila euro all’anno per dare in gestione a privati, invece che intraprendere una gestione pubblica, calcolando una spesa minima di 1500 euro a serata, per le circa 35 annue che organizza il comune, arriviamo ad aggiungere circa altri 53 mila euro alla voce perdite. Raggiungiamo una cifra tale che, se fosse capitalizzata potrebbe cambiare in un solo anno le sorti della cultura teramana. Ecco che quindi le 60mila euro del referendum diventano poche, pochissime. Una spesa dovuta. Se il comune si ri-appropriasse del teatro Comunale, sicuramente si potrebbero abbattere i costi di affitto del teatro, si vedrebbe il proliferare di iniziative culturali meritevoli. Sicuramente sarebbe abbattuta l’unica vera tassa sulla cultura a Teramo, che di fatto è una tassa privata. E cosa dire” conclude il presidente di Nuove Armonie “della fretta del sindaco nell’accelerare la fidejussione e il bando per il nuovo teatro con mezza città contro? Io le spese del referendum le imputerei a lui. Se non si fosse scapicollato, questi soldi sarebbero risparmiati”.

Marina Serra