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Trent’anni in soccorso per le calamità: va in pensione il pompiere pescarese Salle

Pescara. In pensione, dopo 31 anni vissuti in soccorso delle vittime delle principali emergenze italiane, dal terremoto del 1997 nelle Marche e in Umbria a quelle del sisma di San Giuliano di Puglia nel 2002, dall’alluvione di Sarno del 1998 al terremoto dell’Aquila nel 2009 fino alla valanga di Rigopiano nel 2017 prestando servizio nel Nucleo elicotteri e poi coordinando il Saf, nucleo speleoalpinofluviale, fondamentale negli interventi in condizioni estreme.

Enio Salle, dopo 31 anni dal suo ingresso nel corpo dei Vigili del Fuoco come autista del Comando provinciale di Pescara, 60anni appena compiuti, va in pensione.

“Avevo conseguito la patente D, E durante il servizio militare in Marina a Taranto, al comando Sommergibili, quindi quando sono diventato Vigile del fuoco ho cominciato come autista di tutti i mezzi di soccorso, dall’autobotte all’autoscala – racconta – Mi sono occupato di formazione alle scuole centrali dei Vigili del Fuoco, poi nel polo didattico delle Marche e a Pescara dove sono diventato coordinatore provinciale Saf”.

Grazie al titolo di direttore delle operazioni di spegnimento, , conseguito a Lamezia Terme, si è occupato dei vasti incendi che negli ultimi anni hanno funestato l’Abruzzo, da Passolanciano a Campli a Castiglione Messer Marino.

“Non siamo supereroi. Nei momenti difficili abbiamo bisogno di pensare sempre che la nostra è una missione”, ricorda. Ma quando una figura come la sua va in pensione, con il grado di capo reparto, il suo gruppo di lavoro si perde una grande risorsa: “Non nascondo che ancora non mi rendo conto, ma spero di aver trasmesso la mia esperienza a tutti i giovani ai quali ho fatto formazione”.

Tra i ricordi ce n’è uno che rimane indelebile nella memoria di Salle.

“Ero libero dal servizio, mi chiamarono dal Nucleo elicotteri, dove sono stato tra il 2008 e il 2012. Dovevamo partire prima dell’alba, la Capitaneria ci aveva chiesto di recuperare da un peschereccio, 45 miglia al largo di Termoli, il comandante che aveva avuto un infarto. Un’operazione che di solito si fa in due, ma mancava un collega. Partii allora con il comandante dell’equipaggio Igor Cicchelli, il copilota Luciano Troili, lo specialista Adriano Mancini e un medico del 118. Dopo 50 minuti di volo raggiungemmo il peschereccio sul quale dovevamo scendere col verricello, una distanza di 100 piedi, l’equivalente di 33 metri. La prima verricellata andò a vuoto, a causa del mare mosso e del vento, il pilota mi recuperò allora per una decina di metri, si spostò sulla prua e mi fece riscendere, a quel punto ho chiesto al marinaio di prendermi la punta del piede per farmi scendere, lo specialista fu bravissimo a capire che doveva mollare il verricello e si allontanò, poiché il flusso del rotore poteva dare fastidio. Rassicurai il comandante del peschereccio, Pasquale, che era cosciente, ma lamentava un dolore al petto, gli sistemai un imbrago di sicurezza e lo vincolai a me, richiamai l’elicottero e il tecnico di bordo mi rimandò giù il verricello. Risalimmo insieme i 30 metri, ma poco prima di arrivare Pasquale aprì gli occhi, si spaventò dell’altezza e mi strinse le braccia, impedendomi di aggrapparmi all’elicottero. Dopo un paio di minuti lì fuori, sospesi, riuscìi a tranquillizzarlo, lo imbarcammo e il medico poté assisterlo, prima di trasportarlo in ospedale una volta atterrati a Pescara. Ecco, in quell’operazione ho veramente dato tutto me stesso. Siamo rimasti legati a Pasquale e la sua famiglia che poco tempo dopo ci invitarono a Manfredonia a festeggiare. Difficilmente dimenticherò la tensione e l’emozione di quel salvataggio che senza un equipaggio valido e affiatato sarebbe stato difficile se non impossibile. Ancora oggi, quando vado a trovare i miei amici al nucleo elicotteri, ricordiamo insieme quella giornata”