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Processo Rigopiano, arringa per Lacchetta: “Territorio socialmente inconsapevole”

Pescara. Seconda giornata di udienze, in tribunale a Pescara, per il processo sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano, con 30 imputati alla sbarra per la morte di 29 persone.

Arringhe difensive, oggi previste quelle degli avvocati del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e del tecnico comunale Enrico Colangeli, per i quali l’accusa chiede 11 anni e 4 mesi di reclusione.

“Se la Regione avesse notificato la Carta Valanghe al Comune di Farindola, questa tragedia non si sarebbe consumata”, hanno detto i difensori Cristiana Valentini, Massimo Manieri e Goffredo Tatozzi, dopo un’introduzione giurisprudenziale su Reato Omissivo Improprio e l’analisi Legge Regionale 47 di Protezione Civile, secondo la quale in uno stato di emergenza si sarebbe dovuto creare un flusso continuo di informazioni tra i gradi più alti (Prefettura e Regione) e quelli più bassi (Comune di Farindola) che, al contrario, non avrebbe avuto gli strumenti per poter intervenire.

Manieri, in particolare, si è soffermato su “l’inconsapevolezza sociale”, parlando della storia di Rigopiano e Farindola a partire dagli anni ’50 alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, quando è stato costruito l’albergo che, negli anni più recenti, è divenuto un resort di lusso, sottolineando come  “un intero territorio non aveva assoluta contezza del rischio valanghe in quell’area”.