Nella circostanza i due indagati avevano trasformato un’abitazione privata, sprovvista dei minimi requisiti igienico sanitari, in un laboratorio clandestino per il riconfezionamento di uova pasquali precedentemente acquistate a basso costo presso discount alimentari, e rivendute, attraverso l’utilizzo di canali social come di propria produzione artigianale a prezzi anche quadruplicati.
Dalla ricostruzione dei movimenti bancari si è potuto appurare che solo negl’ultimi 15 giorni i due prefati erano riusciti a vendere oltre 300 uova pasquali per un valore di circa 8 mila euro. Allo scopo di attrarre i possibili acquirenti venivano utilizzati gadget e involucri riproducenti famosi personaggi di un notissimo sequel cinematografico per ragazzi.
L’attività è scaturita a seguito della costante attività di monitoraggio delle fonti aperte del web, per l’individuazione di possibili prodotti alimentari Pasquali con etichette contraffatte o create artatamente e riportanti informazioni false.
Le indagini hanno permesso di raccogliere fondati elementi di prova a carico di due pescaresi, segnalati alla Procura della Repubblica di Pescara, poiché ritenuti autori del reato di frode nell’esercizio del commercio.