Pescara. Si parlerà della nuova legge forestale in fase di approvazione all’incontro con il biologo Giovanni Damiani, che si terrà mercoledì 4 aprile, ore 18:00, presso la sede dell’associazione Italia Nostra, in via Milite Ignoto 22.
Il Consiglio dei Ministri è giunto alla fase conclusiva dell’iter per l’approvazione del Decreto Legislativo relativo al Testo Unico Forestale:
“La legge contiene affermazioni di principio condivisibili”, afferma Italia Nostra, “ma poi leggendo attentamente l’articolato, si scopre che apre la strada al taglio feroce e generalizzato dei boschi in nome di un’interpretazione stravagante della Green Economy”.
“La nuova legge si fonda sul principio della ‘gestione attiva dei boschi’”, spiega il biologo Damiani, “che tradotto significa che i boschi, senza distinzione, non devono essere lasciati alla loro evoluzione naturale, non sarebbero ecosistemi naturali complessi e auto-sostenuti, autorganizzatisi in decine di milioni di anni prima della comparsa dell’uomo, che evolvono in modo autonomo con caratteri compositivi e strutturali che spesso ne aumentano i servizi ecosistemici associati; secondo questa legge invece devono essere sempre oggetto di taglio ciclico, periodico”.
“Per giustificarla i sostenitori di questo decreto non dicono mai che si apre la strada per trasformare in cedui immense superfici boschive per destinare la legna alla combustione nelle grandi centrali elettriche a biomasse o per farne pellet per le stufe. Questo concetto è celato comunque dietro il termine valorizzazione energetica”.
“Si dice che i boschi vanno tagliati e “puliti” perché la colpa degli incendi boschivi devastanti che hanno interessato l’Italia nel 2017 deriverebbe “dall’abbandono” dei boschi. In Abruzzo nel 2017 vi sono stati oltre 216 incendi di vaste proporzioni. Questa regione ha circa il 40% del suo territorio protetto da Parchi e Riserve Naturali e un patrimonio forestale stimato in 438.590 ettari, pari al 40,6 % dell’intera superficie regionale”.
“Nel convegno “Fiamme sull’Appennino” svoltosi in ottobre scorso a Pescara, promosso da 20 Associazioni ambientaliste in collaborazione con cinque Istituzioni scientifiche di elevatissimo livello in materia, sono state illustrate e denunciate chiaramente, tramite uno studio condotto con il contributo determinante di Italia Nostra, le responsabilità del perché quelle fiamme hanno divorato circa 7500 ettari di la natura nel corso di 45 giorni”.
“Le cause risiedono nell’abbandono della sorveglianza del territorio, nel fatto che sono venute meno le forze storicamente impegnate nello spegnimento e la politica regionale che ha eliminato l’attenzione alle foreste. Infatti con l’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato all’Arma dei Carabinieri, gli addetti allo spegnimento che negli anni precedenti erano di 1.198 unità di personale qualificato, attrezzato e ben addestrate in materia e con esperienza sono stati ridotti agli attuali 181 (di cui 150 volontari e 31 dei Vigili del Fuoco chiamati dai Capoluoghi e senza esperienza e mezzi per quelle tipologie di incendio)”.
“La regione inoltre non ha aggiornato il suo Piano Rischi da Incendi Boschivi (A.I.B.) fermo al 2016 (quando lo spegnimento era affidato alla la Forestale) sebbene il disposto della L.R. n. 3/2014 ne obbliga all’aggiornamento annuale. Inoltre il Piano di Gestione Silvo-Pastorale, che ciascun Comune e Amministrazione Separata degli Usi Civici hanno l’obbligo di redigere e la Regione di approvare, non esistono: un solo Comune (Schiavi d’Abruzzo) ha concluso l’iter”.
“La Regione Abruzzo, infine, non si è dotata del Piano Regionale delle Foreste, ha smembrato le competenze in materia in diversi assessorati, ridotto drasticamente i fondi di bilancio rispetto alle dotazioni storiche, ha destinato alle foreste un misero 0,7% dei fondi del Piano di Sviluppo Rurale, cifra offensiva sia per l’Abruzzo Regione Verde d’Europa che ha tutelato oltre il 35% del proprio territorio con Parchi e Riserve, e sia per l’ecologia che per l’economia ad essa connessa”.
“Ha contribuito ad aggravare gli effetti degli incendi, infine, l’illusione che tutto potesse essere fronteggiato coi mezzi aerei del CONAU che invece erano subissati di richieste (816 in quel periodo) e non possono operare di notte. Queste le cause degli incendi, e non certo il presunto abbandono dei boschi”.
“Ma quali sono i punti salienti di questo decreto che avversiamo con determinazione? Nulla da dire sull’uso del legno come risorsa rinnovabile e pregiata. Il problema è che questa legge non distingue i boschi di produzione da quelli di conservazione. Esistono boschi che assolutamente non dovrebbero essere toccati dall’uomo, perché antichissimi o perchè elementi fondamentali del paesaggio o per motivi storico-ambientali”.
“Preoccupa in questa legge, altresì, la non chiarezza su chi dovrebbe gestire gli inventari forestali, e con quali criteri. Questa gestione, infatti, faceva capo al Corpo Forestale dello Stato, autorità in materia che ha meritato fiducia in quanto ha garantito equilibrio, terzietà e rigore. Con nuovi e diversi soggetti potrà accadere qualsiasi cosa”.
“Per questa legge, in aggiunta, boschi riformatisi spontaneamente in decenni nelle aree abbandonate, possono essere eliminati. Anche le aree di rimboschimento artificiale, che in Italia rappresentano il 40% della nostra superficie forestale attuale, la cui riforestazione è stata fatta circa un secolo fa con risorse pubbliche, possono essere tagliate”.
“Ma la cosa più grave (e incostituzionale) riguarda i boschi privati: qualora il proprietario non praticasse la “gestione attiva, sono considerati come “abbandonati” dal proprietario e la Regione può sostituirsi a quello affidandoli alle motoseghe di consorzi o cooperative di giovani”.
“Si tace, infine, che la combustione di legna in enormi quantitativi concentrati in grandi impianti produce un inaccettabile inquinamento atmosferico soprattutto da polveri ultrasottili, in un paese ove la qualità dell’aria è particolarmente scadente al punto che è in corso una procedura di infrazione da parte dell’UE”.