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I coniugi Fano-Modigliani a Spoltore per la settimana della memoria

Spoltore. Vietato avere piccioni viaggiatori: solo uno dei tanti assurdi divieti per gli ebrei rievocati questa mattina, in Comune, da Claudio Fano, che all’epoca delle leggi razziali aveva 9 anni e ha raccontato di come da un giorno all’altro ci si ritrovò a non poter più frequentare la scuola, o tra gli adulti a lasciare il proprio lavoro.

“Venne interrotto di punto in bianco anche il madamato, ovvero la possibilità di affittare una moglie nelle colonie: di questo scrisse ad esempio da Indro Montanelli, perché lui stesso aveva preso così una donna. Immaginate: in tanti avevano ormai dei figli con la madama, quindi non la abbandonarono”. Segnali di resistenza alle decisioni del regime, diventati in seguito aiuto concreto alle famiglie di Claudio e Paola Modigliani, sposata anni dopo.

Sarà possibile ascoltarli anche domani mattina, dalle 11.00, quando ancora nella Sala Consiliare del Comune incontreranno altre classi nell’ambito della Settimana della memoria organizzata dal Circolo didattico di Spoltore con la collaborazione dell’Ente.

“In tanti ci hanno salvato” ricorda Paola Modigliani. “Noi eravamo fuori Roma per paura dei bombardamenti e fummo avvisati che stava accadendo “qualcosa di strano” da un’amica di famiglia: per farlo si mise a correre, rischiando all’ottavo mese di gravidanza un parto prematuro”. La stranezza erano famiglie ebree caricate su furgoni e portate via: l’inizio dei rastrellamenti. “Siamo testimoni di chi si è salvato” ha aggiunto, rispondendo ai ragazzi che chiedevano se avesse il numero tatuato sul braccio. “Il numero veniva dato solo nel campo di Auschwitz, e mai ai bambini che venivano eliminati subito perché non erano in grado di lavorare. Io avevo solo un anno”. La Modigliani ha raccontato anche di come sia stata messa in salvo dal coraggio del fratello, che a 7 anni e con lei in braccio si è calato da una finestra al primo piano, legato da una fune alla vita, mentre i nazisti li cercavano in casa. La sua famiglia si era infatti rifugiata a Velletri, nascosta da false identità (il padre Giorgio aveva preso il cognome Macchia, in un documento fabbricato a Pescara).

“Spesso si mette a fuoco il periodo delle persecuzioni” ha continuato Fano “ma tutto questo era stato preparato negli anni precedenti dalle leggi razziali. Io sono del 1935, quindi per me è stato come nascere già dentro quelle leggi che sono del 1938”. Vivere la discriminazione, ha chiosato la moglie, come la normalità. La vita per gli ebrei inizia ad essere in pericolo nel settembre del 1943. L’Italia aveva la guerra alle spalle, tutti gli uomini di famiglia erano stati in Africa o in Russia. La guerra non porta solo morti, ma mutilati, fame, cibo razionato. Paradossalmente gli ebrei, che non facevano servizio militare, avevano sofferto meno per la guerra. “Era già una situazione estrema” sottolinea Fano. “Oggi non ci rendiamo conto dei vantaggi della pace, ma con il fascismo si passava da una guerra all’altra”: sullo schermo dietro di lui vengono proiettati i documenti falsi della loro famiglia, la tessera annonaria, la pagella di scuola. Una pagella normale, dove accanto ai voti c’è l’indicazione “razza ebraica”: in grande il disegno della Vittoria alata, “perché siamo in guerra e dobbiamo vincere” ha commentato Paola Modigliani. “Regime è martellare tutti i giorni sulle informazioni che si vuole che si diffondere”