La proposta arriva dalla Cna del capoluogo adriatico che, con il suo responsabile Commercio e Turismo, Luciano Di Lorito, propone “ai Comuni, alla Camera di Commercio, alle forze economiche e imprenditoriali, alle associazioni datoriali e degli stessi consumatori, di creare un fronte comune in grado di ispirarsi a modelli positivi che stanno funzionando bene in altre aree italiane”.
“Esistono esempi positivi adottati da diversi anni in varie regioni italiane, come la Lombardia, la Puglia, il Veneto, la Campania, il Friuli, il Piemonte – spiega Di Lorito – dove la spinta alla creazione dei distretti, che hanno diverse denominazioni ma rispondono a un’identica esigenza, ha rappresentato la vera risposta forte allo strapotere esercitato non solo dei centri commerciali, ma anche delle piattaforme online. In questa chiave, attraverso il distretto, il commercio dei nostri centri può tornare a diventare elemento di attrazione e traino del territorio, valore aggiunto all’offerta turistica, e occasione per proporre un modello innovativo sotto il profilo sociale”.
“I distretti urbani del commercio, i Duc, sono anche una grande occasione – aggiunge Di Lorito – per la riqualificazione del tessuto urbano, per il recupero degli immobili, per il rilancio degli stessi mercati cittadini; l’occasione per sottrarre centinaia di locali alla chiusura, inevitabile premessa alla loro trasformazione in garage, come è facile constatare a Pescara. Ed anche per il positivo abbinamento che si può realizzare con le piattaforme di commercio locale, che dopo qualche fase di entusiasmo iniziale, finiscono inevitabilmente per segnare il passo alle corazzate dell’e-commerce: insomma, si tratta di ulteriori strumenti per fidelizzare la clientela. E non vanno sottovalutate le possibili condizioni di vantaggio anche sotto il profilo fiscale che si possono determinare”.
Interlocutore fondamentale per questo progetto, a detta della Cna di Pescara, diventa la Regione Abruzzo, perché “attraverso l’istituzione regionale è possibile individuare le risorse finanziarie da mettere a disposizione del progetto, anche attraverso la rimodulazione della programmazione comunitaria, da erogare poi attraverso specifici bandi”.