Con un lungo messaggio postato sulla propria pagina Facebook, il sindaco di Pescara ha illustrato – dopo le anticipazioni degli ultimi giorni – la crisi di cassa che il capoluogo adriatico si appresta a vivere, dopo la rettifica del piano di rientro rispetto al pre-dissesto che ha ridotto da 30 a 10 anni il tempo disponibile per restituire il pesante debito che attanaglia la città.
Ma l’avvertimento suona di tagli e stangate in arrivo: “Siamo quotidianamente impegnati a mettere in sicurezza i conti, in maniera ancora più rigorosa di quanto fatto sinora, anche adottando provvedimenti che non ci piacciono affatto, ma che siamo costretti ad adottare a causa della situazione venutasi a creare”, afferma il primo cittadino, che chiede ai pescaresi di “leggere e comprendere proprio in tal senso sia il blocco di tutte le spese non obbligatorie sia l’ampliamento delle aree di parcheggio a pagamento”.
Siamo tra l’incudine della Corte costituzionale e il martello del Ministero delle Finanze.
Nei giorni scorsi, infatti, proprio il Ministero delle Finanze ci ha comunicato che, in ragione della sentenza della Corte Costituzionale del febbraio 2019 (precedente, quindi, al mio insediamento), il Comune di Pescara dovrà restituire in 10 anni – e non nei 30 inizialmente stabiliti – i soldi che gli erano stati concessi sulla base della procedura di predissesto approvata nel 2015 dalla Giunta Alessandrini.
In sintesi, noi Pescaresi, anziché continuare a restituire al Ministero un milione di euro l’anno fino al 2045, saremo obbligati a restituire, nel solo 2022, 15 milioni e 500mila euro (oltre, ovviamente, a 3 milioni e 900mila euro l’anno fino al 2025).
Dopo la pandemia e la guerra in Ucraina, che hanno raddoppiato e triplicato i costi dell’energia e di tutte le materie prime, ecco un altro duro colpo per la nostra comunità, già indelebilmente ferita a causa dell’incendio alla Pineta.
Ad ogni modo, come abbiamo fatto con la pandemia, con la crisi umanitaria derivata dalla guerra e con tutti i tristi eventi succedutisi in questi anni, ci siamo messi immediatamente in azione.
Abbiamo informato i cittadini, con grande trasparenza, che il Comune di Pescara, già in piano di rientro da sette anni, non potrà mai pagare importi di quelle entità in così breve tempo; ci siamo rivolti al Ministero chiedendo di trovare una soluzione che alleggerisca il peso gravante su Pescara a causa di quella sentenza della Corte costituzionale (così come già accaduto, d’altronde, per le Città Metropolitane di Napoli e Reggio Calabria, colpite dalla stessa decisione, ma in condizioni notevolmente peggiori rispetto alla nostra); abbiamo sollecitato tutti i nostri parlamentari, di ogni colore politico, ad intervenire con una norma specifica per salvaguardare i nostri equilibri di bilancio.
Inoltre, siamo quotidianamente impegnati a mettere in sicurezza i conti, in maniera ancora più rigorosa di quanto fatto sinora, anche adottando provvedimenti che non ci piacciono affatto, ma che siamo costretti ad adottare a causa della situazione venutasi a creare.
E proprio in tal senso devono essere letti e compresi sia il blocco di tutte le spese non obbligatorie sia l’ampliamento delle aree di parcheggio a pagamento.
Il Governo non potrà non ascoltare le nostre ragioni, dovrà aiutarci necessariamente, dal momento che questa situazione nasce da una legge nazionale del 2015, il cui annullamento, ad opera della Corte Costituzionale, ha comportato il cambiamento in corsa delle regole del gioco.
I pesantissimi obblighi economici che ne derivano, però, ricadono sulla comunità pescarese e sui suoi amministratori, i quali sono ora obbligati a scelte forzate e impopolari benché non abbiano responsabilità a riguardo e benché stiano facendo l’impossibile per impedire quanto sta accadendo.