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Guerra alla crisi: 200 commercianti in piazza a Pescara. Rissa sfiorata con gli assessori in Comune VIDEO-FOTO

Pescara. Circa 200 in corteo su corso Vittorio Emanuele per protestare contro le tasse che “strozzano” il commercio e per chiedere che la città riparta e venga “riaperta”. Quando la manifestazione di commercianti, artigiani e imprese del terziario arriva in Comune esplode la rabbia e si sfiora la rissa contro gli assessori Santilli e Filippello.


 Doveva essere una manifestazione all’insegna del rigore e della pacatezza, in rispetto dei recenti sucidi apparentemente legati alla crisi economica, con l’edicolante di Catignano impiccatosi a 64 anni a rappresentare l’estremo grido di dolore di un’intera categoria. Nel centro di Pescara, stamattina, c’erano circa 200 tra commercianti, artigiani e piccoli imprenditori del terziario da tutto l’Abruzzo, guidati dalle confederazioni unite sotto Rete Impresa Italia: Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Casartigiani e Cna. Avevano rinunciato anche a scandire la marcia, che ha attraversato quel corso Vittorio Emanuele dimezzato dal contestato cantiere per la pedonalizzazione, con pentole e coperti da battere, ma è finita comunque in “caciara”, anzi, si è quasi sfiorata la rissa.

Quando il corteo è arrivato in piazza Italia, la folla è inizialmente stata trattenuta dai discorsi dei vari rappresentanti di categoria presenti: Ardizzi, Cioni, Salce, Taucci, Santori, Tomei, Recinella, Tiberi, Chiavaroli e Padovano. Poi, quando l’assessore al commercio Santilli si è palesato sui gradini di Palazzo di Città, la massa critica ha rotto il cordone della Celere è ha fatto irruzione nella sala consiliare, per chiedere nel luogo deputato alle decisioni quali sono stati i motivi per cui chi ha un bar deve pagare fino a 9mila euro di Tares, perché si insiste a far pagare pure “la tassa sull’ombra di un tavolino”, perché in 5 anni l’amministrazione Mascia “non ha fatto nulla per impedire che si perdesse il collegamento navale con la Croazia”, o per chiarire l’annosa questione dei parcheggi ad alti prezzi o dei cantieri da “spot elettorale” che “paralizzano i negozi del centro”. Infine, per chiedere, come rimarcato dal presidente di Confcommercio Pescara Ezio Ardizzi, “le dimissioni dei consiglieri comunali”.

I primi rimbrotti se li è presi Santilli, barricato dietro la promessa di far ricevere una delegazione dal sindaco Albore Mascia. Promessa caduta nel vuoto, rimpiazzata dall’intervento a sorpresa dell’assessore alle Finanze Massimo Filippello. Incauta la sua domanda: “Chi siete, chi rappresentate, cosa volete?”. La reazione di chi da settimane annuncia la manifestazione e da molto più tempo ha lanciato l’allarme per un baratro già aperto è stata virulenta: quei 200 che gremivano la sala del Consiglio, compostamente seduti in platea, d’improvviso si sono scagliati muso a muso con l’assessore per gridargliene di ogni. Persino le donne presenti, tra le lacrime di chi non arriva a fine mese, non hanno risparmiato pesanti epiteti a colui ritenuto responsabile delle gabelle vessatorie. Sono dovuti intervenire gli stessi organizzatori della manifestazione per evitare la rissa più grave, facendo scioglere le fila dell’assemblea improvvisata. Un altro nulla di fatto, un’altra brutta pagina nella storia del Comune di Pescara.

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FILIPPELLO: CONFRONTO NEGATO

“Quando sono arrivato in sala consiliare ho semplicemente chiesto quali fossero le categorie produttive rappresentate in aula, ovvero se si trattasse solo di commercianti, o magari anche artigiani, ristoratori, operatori del settore abbigliamento, o professionisti. E questo perché anche sulla Tares non è possibile fare generalizzazioni, visto che addirittura ci sono commercianti, come i negozi di abbigliamento, che hanno beneficiato di una riduzione della tassa rispetto al regime Tarsu, anche se non osano dirlo, spesso per non urtare la sensibilità di colleghi appartenenti alle sole 6 categorie su 30 che hanno subito degli aumenti sensibili su decisione del Consiglio comunale, che ha approvato aliquote e tariffe, decisione dunque non riconducibile al sindaco, o alla giunta o alla maggioranza di governo”. Si giustifica così l’assessore Filippello, accusato di aver fatto traboccare un vaso di rabbia già criticamente incrinato. “Ma quella semplice domanda”, spiega Filippello, “è stata l’innesco delle urla che hanno reso impossibile qualunque confronto: alcuni operatori hanno imposto a tutti gli altri di lasciare l’aula consiliare vietando loro di interloquire con l’amministrazione”.

“Comprendo la rabbia e i timori”, conclude l’assessore alle Finanze, “ma non accetto la posizione di chi sta strumentalizzando stati d’animo determinati non certo dal Comune di Pescara, ma, nel caso, dalle decisioni assunte a Roma”.

Daniele Galli