Anche se l’appellativo di bombarolo gli è rimasto attaccato addosso, ciò che il tribunale collegiale di Pescara gli contesta è solo il dolo degli atti incendiari messi a segno. Perchè l’ordigno esplosivo che piazzò in casa della sorella, a Cepagatti, è stato reputato inoffensivo, facendo cadere l’accusa di strage. Anche perché fu lo stesso Di Santo ad allertare i carabinieri, con un videomessaggio lasciato sul recinto dell’abitazione, in un dvd indirizzato proprio ai militari.
Danneggiamenti reali, invece, sono quelli causati alla facciata del tribunale di Chieti, dove diede alle fiamme un’automobile, e nei locali di casa-famiglia abbandonata nel capoluogo teatino, dove trovò rifiuto nel corso degli ultimi anni di vita agitata. Stragista o meno, il 58enne di Roccamontepiano, a gennaio scorso, ha seminato il panico nell’hinterland di Pescara e Chieti, con una settimana e mezza di latitanza che scatenò una vera e propria caccia all’uomo, fino all’arresto del 18 gennatio, in seguito all’invio di altri dvd all’emittente locale Rete8.
Con l’esame di alcuni testimoni ha preso invece il via, oggi, a Pescara, il processo, dopo 10 mesi di reclusione nel carcere di San Donato. Di Santo era in aula, ma parlerà solo nel corso della prossima udienza, fissata al 17 dicembre. Auditi, al banco dei testimoni, i carabinieri che presero parte alle indagini e che lo trovarono, nascosto in un camper occultato nella rimessa di un casolare abbandonato di Rosciano.