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Pescara, la proposta di Avanguardia Italia: una palude contro l’insabbiamento del porto-VIDEO

Pescara. Spendere un decimo di quanto progettato dal piano regolatore portuale e alleviare l’insabbiamento del fiume e del porto canale. Le ipotesi risolutorie di Francesco Di Donato e di Avanguardia Italia domani al centro di un confronto pubblico.

“Il fiume Pescara è secondo solo al Po’ in quanto ad accumulo di detriti, per questo non bisogna aggiungere altro cemento nel porto, semmai toglierne”. Da questo assunto parte la proposta del geologo e ricercatore ambientale Francesco Di Donato per la soluzione dell’insabbiamento dell’asta fluviale e del canale del porto della città dannunziana. Dalla penna di Di Donato è partita, già nel 2011, una delle osservazioni-contributo allegate al progetto del nuovo piano regolatore portuale che dovrebbe rivisitare completamente lo scalo commerciale e peschereccio. Un Prp dalla spesa stimata in 200 milioni, forse l’opera più attesa degli ultimi 20 anni ma attualmente insabbiata tra le pieghe della Valutazione di impatto strategica aperta presso le commissioni della Regione e tuttora rimasta senza esito. La partecipazione pubblica al processo prevede e ha recepito finora le puntualizzazioni di più fronti della città interessati dall’attività portuale, tra queste anche quella “più naturalistica e meno ingegneristica” di Di Donato, ora fatta propria dall’associazione cittadina Avanguardia Italia, che da domani parte con una serie di confronti pubblici sui problemi che affliggono il capoluogo adriatico. Domani alle 17:00 si parlerà dell’insabbiamento a Palazzo di Città, insieme al presidente del consiglio comunale De Camillis, l’assessore alla Difesa della costa D’Intino, l’architetto Umberto Ruggieri e, previsti in platea, i rappresentanti della marineria e degli operatori marittimi, i balneatori e gli ambientalisti.

Al centro dell’incontro, appunto, l’ipotesi risolutiva partorita dal “geometra ambientale”, come si autodefinisce Francesco Di Donato. Un bacino di impaludamento e l’allungamento del molo nord sono i punti fondamentali della sua idea. “Impedire a monte della foce la portata dei detriti è l’unico modo di non far insabbiare il porto”, sostiene il geologo, “per questo c’è bisogno di costruire un bacino di impaludamento alle porte della città dove far rallentare l’acqua e sedimentare ciò che il fiume porta”. Un meandro capace di far passare acqua e pesci ma di intrappolare i fanghi che provengono dall’asta fluviale e che, con i massicci cambiamenti climatici, vengono sempre più massicciamente prodotti con lo scioglimento delle nevi invernali. “E in quel bacino”, prosegue Di Donato, “installare una draga che lavori perpetuamente per togliere i detriti e, dopo apposita caratterizzazione, riutilizzarli per rinascimenti o nel settore edilizio”. Una draga, suggerisce il ricercatore, ad alimentazione elettrica ed ecosostenibile, “quindi autosufficiente”.

Indietro di 15 anni, come quando Pescara aveva una propria draga fissa e di fronte all’avamporto non c’era la diga foranea che, ormai è cosa certa, blocca nel porto tutto quanto il fiume trasporta. Su questa interverrà il nuovo piano al vaglio della Regione, aprendola al centro ma prolungando alle estremità i due tronconi, oltre ad allungare il molo di un chilometro circa. “Io invece taglierei 200 metri dal tronco nord della diga e 10 metri da quello sud”, illustra ancora il geometra Di Donato, “così che il fiume e i detriti residuali defluiscano meglio al largo”. Meno cemento da aggiungere, semmai da riutilizzare: “Il pezzo tagliato dalla diga deve essere solo spostato”, dice ancora la mente del ricercatore ambientale, “ed aggiunto alla fine del molo nord per proteggere il reflusso del fiume sotto la spiaggia dei trabocchi”.

In questo caso è il gioco delle correnti marine (o lo scontro delle correnti di pensiero) l’argomento centrale di discussione. I marinai contestano il piano regolatore portuale sugli ingressi previsti nella nuova darsena peschereccia, ritenuto troppo pericoloso per la spinta oggettiva dei venti: ma questi provengono da nord o da sud? Di Francesco concorda con i lupi di mare e sostiene, citando degli studi dell’Apam e dell’Ispra, che “se su tutta la costa adriatica la corrente spinge da nord, la presenza del Conero e del Gargano crea a Pescara correnti che spingono da sud. I Prp, invece, prevede che i pescherecci debbano attraccare in un nuovo spazio a nord e quindi il rientro in porto controcorrente: l’innesto proposto da Di Donato proteggerebbe, così, sia la spiaggia della Madonnina dalle correnti di ritorno del fiume che i pescatori dal vento in poppa. “Tutto con un costo di 20 milioni di euro”, conclude il geometra, “un decimo del preventivo dell’attuale piano portuale. Tanto quanto già stanziato dal ministero delle Infrastrutture, come confermato ieri dal ministro Lupi”.

“Questa è solo la prima proposta che Avanguardia Italia metterà in campo con la serie di incontri che partirà domani”, annuncia Mario Di Pasquale, coordinatore delle aree territoriali dell’associazioni, “propedeutici alla soluzione dei problemi che attanagliano Pescara”. Giura, però, che il gruppo di tecnici non vuole gettarsi in politica: “proponiamo soluzioni definitive senza denigrare quanto già fatto da altri”, commenta democristianamente Di Pasquale, ma alla fine la nota critica non manca. “I ritardi sul porto sono evidenti”, aggiunge il coordinatore di Avanguardia Italia. “Sul porto abbiamo assistito ad un ventennio di opere strampalate”, rincara Di Donato.

 

Daniele Galli