Pescara. Tre i nomadi denunciati per aver portato mazze e bastoni in tribunale per l’udienza preliminare dell’omicidio Rigante, tutti parte del clan Ciarelli.
Cinque Ciarelli in aula, accusati dell’omicidio di Domenico Rigante, tanti altri fuori a combinare il finimondo. Caso unico in Italia, ma forse il record è ben più risonante, quello di ieri nel corridoio del tribunale di Pescara, dove si è sfiorata la rissa furibonda a suon di bastonate. Udienza preliminare a porte chiuse, perchè rito abbreviato per Massimo (quello che avrebbe impugnato la calibro 38), Domenico, Luigi, Antonio e Angelo Ciarelli, apparnenenti al noto clan rom, accusati di aver ucciso il tifoso biancazzurro 24enne il primo maggio 2012. Porte chiuse, ma corridoi aperti, seppur marcati stretti da schiere di celerini in antisommossa. Nemmeno questo, però, ha messo paura ai tanti nomadi riuniti a dare solidarietà ai giovani parenti in manette. A pretendere giustizia, con tanto di striscione azzurro su bianco, c’era la famiglia Rigante e pochi amici appartenenti alla frangia ultras: il contatto è stato inevitabile. Ma se quelli che hanno perso un figlio, un fratello, un padre e un amico si sono lasciati scappare insulti e parolacce, l’altra parte ha “tirato fuori l’artiglieria”.
Si sono aperti i cofani delle automobili, gesto quindi premeditato, e alcuni rom hanno tirato fuori bastoni di legno: gambe di tavolino e mazze da baseball. Il tentativo di carica è stato placato dalla polizia, mentre la Digos ha sequestrato le armi improprie.
Attimi di follia e concitazione, che la squadra Mobile è riuscita a ricostruire grazie ai filmati che la questura è sempre ben preparata, in situazioni di tensione attesa, a girare nel dettaglio. Alla fine sono state tre le persone denunciate, tutte lriconducibili al clan Ciarelli. Sono Eva Ciarelli, 35 anni, il marito Andrea Contino, 32 anni, e Vincenzo Ciarelli, 30 anni, ritenuto quello che materialmente avrebbe prelavato le mazze da un’automobile parcheggiata all’esterno del Palazzo di giustizia. I tre dovranno rispondere di resistenza a pubblico ufficiale e porto ingiustificato di strumenti atti ad offendere.Gli accertamenti, però, continuano.