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Pescara, la Sidra alle strette: metà dragaggio solo da metà settembre. I conti non tornano

Pescara. La Sidra messa alle strette da pescatori e operatori portuali per il ritardato avvio del dragaggio. Il direttore dei lavori della ditta che si è aggiudicata lo scavo del porto costretto ad ammettere: mezzo cantiere parità solo dopo metà settembre.

“L’iter del dragaggio sta rispettando i tempi contrattuali e va meglio del previsto”. Donato Carlea, provveditore alle Opere pubbliche, citato dal presidente della Provincia Guerino Testa. “I soldi risparmiati con il ribasso d’asta potrebbero essere utilizzati per ampliare la canalina o per scavare di più nella darsena e rendere ancora più fruibile il porto”. Stavolta è il prefetto Vincenzo D’Antuono a riferire le parole del capo della stazione appaltante dal dragaggio. Carlea è stato il grande assente dell’incontro convocato oggi pomeriggio in Provincia dalla marineria, che dopo più di 400 giorni sta ancora aspettando di sapere perché il porto è chiuso, perché non possono lavorare e quando potrà tornare a farlo.

Dalle belle parole però, attraversando una tempesta rientrata solo grazie alle preghiere dell’assessore regionale alla Pesca Mauro Febbo, sceso in piazza Italia a richiamare i pescatori in rivolta (video), si è passati ben presto ad un processo pubblico tenuto a Carlo Alberto Marconi, direttore dei lavori della Società Italiana Dragaggi, che in assenza dell’istituzione pubblica direttamente responsabile ha preso sberle da tutti i convenuti nella sala del consiglio provinciale.

Una raffica di domande gli si è rovesciata addosso, corredata da accuse di ogni genere rivolte alla sua azienda, a Carlea e al sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Guido Improta, che il 6 marzo scorso è venuto in città a prospettare rose e fiori: partenza dei lavori il 3 aprile, la fine entro il 10 maggio e barche nuovamente in mare dal 25 marzo. Tutto ormai sepolto da i frammenti delle speranze di 56 armatori, 160 pescatori e decine di imprenditori commerciali con centinaia di dipendenti a carico. In 29 giorni è successo di tutto e se ne sono raccontate di ogni, per poi essere smentite il giorno dopo. Il fondale dragato doveva finire in Belgio, poi a Città Sant’Angelo, in vasca di colmata non poteva andare, ora invece si ma si deve aspettare la pubblicazione dell’intervento sul bollettino ufficiale della Regione e la valutazione di impatto ambientale, quindi 45 giorni. Prima erano 130mila metri cubi su 200mila totali classificati come non inquinati, quindi buoni per il dragaggio: ora sono scesi tra i 30 e i 60mila metri cubi. E finora non è partito niente perché la scelta in calcio d’angolo di mettere 100mila metri cubi in vasca di colmata costringe ad attendere l’impermeabilizzazione della vasca di colmata, come sostiene l’Agenzia regionale di tutela ambientale (Arta), e la validazione dell’Arta delle analisi fornite laboratorio incaricato dalla Sidra (che arriveranno lunedì), come sostiene Improta. “Ma qua giocano a tamburello con il futuro di 60 imprese e con un settore economico formato sul sacrificio del mare”, sbotta Mimmo Grosso, rappresentante degli armatori. E’ lui, portavoce della marineria tutta, a rinfacciare a Marconi il sospetto sempre sostenuto: “Quanti imbrogli sta facendo la Sidra?”, dopo aver sottolineato “il grande menefreghismo del governatore Chiodi, che ci aveva promesso garanzie tecniche per poterci far tornare in mare dal 30 aprile”. E’ Sabatino Di Properzio, grande nome dell’imprenditoria commerciale a rincarare la dose di fronte all’ingegnere laziale: “Non vogliamo più pagare gli impicci che fanno a Roma: venga un responsabile del Governo a dirci e a far rispettare le date di inizio e fine dei lavori”.

MARCONI (SIDRA): 100MILA METRI CUBI SOLO IN AUTUNNO. MA I CONTI NON TORNANO

Ci prova, l’ingegner Marconi, tenta di mantenere il sorriso di fronte agli insulti, a volte tartaglia risposte che in pochi accettano. Quando proprio non sa come cavarsela, glissa. Dalla sala Tinozzi il dirigente della Società italiana dragaggi esce come un pugile suonato dopo essere stato stretto all’angolo. Febbo, Testa, Amicone dell’Arta, De Sanctis del Wwf, piccoli e grandi imprenditori, armatori e pescatori, i rappresentanti di Confindustria e Federpesca e camera di commercio: solo i giornalisti lo hanno risparmiato dal terzo grado. Le risposte, quelle date, hanno gettato sgomento. Quando torneranno in mare i pescherecci? Marconi risponde secco: il 15 aprile iniziano i lavori, il 30 aprile finiscono, dal 1 maggio riparte il transito delle imbarcazioni. Come si svolgeranno? Marconi risponde tirando in ballo un programma d’emergenza stilato secondo le indicazioni fornite dalla marineria il 27 marzo, che però la marineria non conferma: si scava partendo dall’imboccatura a valle del canale, risalendo verso monte passando per il centro. Quindi il ritorno in mare dei pescherecci e, dal 1 maggio, la ripresa del progetto originale, per arrivare a giugno a ripulire anche gli accosti alle banchine. Quanto si scaverà al giorno? Marconi, con difficoltà, confessa: tra i 1000 e i 1400 metri cubi al giorno, lavorando 12 ore e anche sabato e domenica. E allora, gli chiede il presidente della Ccia Becci, come si fanno a rispettare gli 85 giorni previsti dall’appalto? Marconi lo sa che se ne dovrebbero scavare almeno 2500 al giorni, però si vanta che “meglio di noi e più di noi, in Italia, non può fare nessuno”, ma sul mistero dei metri cubi non fa chiarezza. Così come non chiarisce al presidente di Confindustria Marramiero perché non si può operare contemporaneamente con 2 draghe: a scavare resterà solo il motopontone Fioravante, quello del mini-dragaggio nell’avamporto. E la darsena commerciale? L’ingegnere ingrana la marcia e snocciola dati: lì andranno asportati circa 100mila metri cubi – praticamente mezzo dragaggio – e la maggior parte è materiale buono per il rinascimento, ma bisogna eseguire una divisione granulometrica – setacciare quanto scavato e dividerlo per composizione – quindi si potrà fare solo dopo la stagione balneare. Apprendere, quindi, che tutta la parte destinata ai cargo e ai collegamenti turistici sarà lavorata solo, ottimisticamente, da metà settembre, e che il fondale si ripristinerà solo fino a 5 metri, mentre un mercantile necessita di 7, manda su tutte le furie il petroliere Di Properzio e nel panico una dirigente della spedizioniera San.Mar: “Ma lo sapete che a noi non ci tocca una lira di risarcimento per due anni di inattività?”, spiega sconfortata la donna, “da noi dipendono centinaia di persone, decine di ditte sono chiuse, altri sono prossime al fallimento e la cassa integrazione è finita”. “Con i soldi avanzati dal ribasso d’asta, forse, si potrà scavare di più”, ipotizza Marconi per magra consolazione.

IL JOLLY DELLA VASCA DI COLMATA

Un vero e proprio mistero, seppur evoluto positivamente, quello riguardante la vasca di colmata: banchina artificiale costruita tra la punta del molo sud e il porto turistico. Un pezzo di mare aperto recintato e, per 15 anni, riempito da ciò che veniva dragato dal porto, nella speranza di riempirlo e farci banchina da deposito. Fin quando non si è scoperto che era stato inzeppato di sabbia inquinata e si è smesso di utilizzarla. Svuotarla e sigillarla, per essere riutilizzata, costava troppo. Lasciata al suo destino, si è però ripulita da sé: oltre un decennio di pioggia ha fatto scolare in mare quanto di inquinato era contenuto nelle sabbie, come assicura l’Arta stessa, quindi divenute pulite e facilmente smaltibili. La Sidra, però, aveva indicato in sede di gara il proprio sito in Belgio dove smaltire “materiale fortemente inquinato” ma, rientrata in gioco la vasca di colmata, le carte al provveditorato sono cambiate in corso d’opera e quindi si fa tutto in casa pescarese. Ben 100mila metri cubi finiscono, ora, nella vasca, dove potranno rimanere per 48 mesi. “E per metterle lì non servono nemmeno tutte le analisi fatte fin qui, perché basta mettere un telone su quanto già contenuto nella vasca e accatastarci a panettone il nuovo dragato: ciò che scolerà rimarrà trattenuto dal telone”, assicura il direttore tecnico Arta Giovanni Damiani. “Non serve nemmeno impermeabilizzare, è una cautela in più”, sostiene invece Marconi della Sidra, al quale basteranno, dice, 10 giorni per riassettare il profilo del deposito attuale e poi procedere a scaricare il nuovo. Eppure non servirà ad accelerare il cantiere.

 

Daniele Galli