Pescara. Firmata oggi la cassa integrazione per i pescatori bloccati dal mancato dragaggio, intanto l’Arta è pronta a diffondere i risultati delle analisi eseguite sui fondali del porto: confermata la presenza del mercurio, dubbi sul Ddt.
E’ stato firmato questa mattina, presso la direzione marittima della capitaneria di porto, l’accordo per l’erogazione della cassa integrazione straordinaria in deroga, riferita al 2012, per i circa 200 dipendenti delle imprese di pesca operanti nel porto pescarese, che da gennaio sono costrette all’inattività dal mancato dragaggio e dal fermo biologico. L’accordo, che si sostituisce di fatto al primo protocollo firmato a settembre, è stato siglato dopo una lunga discussione alla quale hanno partecipato armatori, pescatori e associazioni di categoria come la Coldiretti, che per voce del direttore regionale Simone Ciampoli ha definito la concessione della Cig “Una boccata di ossigeno ma non certo una soluzione definitiva”. “Finalmente”, ha detto lo stesso Ciampoli, che già giovedì mattina aveva incontrato gli armatori pescaresi insieme al presidente nazionale di Impresa Pesca Tonino Giardini, “si è raggiunto un accordo che dà una boccata di ossigeno alle duecento famiglie dei dipendenti che non ricevono stipendio da mesi. Ovviamente non è una soluzione definitiva, ma comunque un importante passo che restituisce speranza ai dipendenti che stanno vivendo al limite dell’esasperazione”.
ARTA: CONFERMATA PRESENZA DI INQUINANTI. Non si accontenta dei rimedi, la marineria continua a rimanere alla finestra in attesa di notizie sul fronte della risoluzione della loro crisi, ovvero il nuovo dragaggio che a dicembre dovrebbe rimuovere 200mila metri cubi di fondale. Nuove giungono dall’Arta, che ha effettuato nuovi esami in vista dell’appalto bandito dal provveditorato alle opere pubbliche: i risultati sono pronti da una settimana, ma il direttore tecnico dell’Agenzia regionale di tutela ambientale Giovanni Damiani fa sapere che verranno diffusi solo la prossima settimana, probabilmente entro mercoledì. Ragione in primis: dal livello di contaminazione dei materiali dipenderanno i costi dei lavori e dello smaltimento. Certo è che di sostanze inquinanti ce ne sono: lo ha sostenuto la procura di L’Aquila, che per la presenza del Ddt ha bloccato i lavori di dicembre scorso, e la stessa Arta conferma che “è emersa la presenza di mercurio e altre sostanze», ma al tempo stesso precisa come “tutti i valori sono al di sotto dei limiti imposti dalla legge per cui un rifiuto possa essere considerato pericoloso”. Uno su tutto, l’elemento inquinante lungamente presente nel fiume Pescara è il mercurio: “E’ una cosa nota da tempo”, evidenzia , il direttore tecnico, “parliamo di un fiume che abbraccia tre delle quattro province abruzzesi e in cui scaricano 99 comuni”. Più incerta la situazione del Ddt: “Stando alle attuali verifiche effettuate con Ispra”, spiega ancora Damiani, “sulle procedure analitiche utilizzate per i sedimenti del porto di Pescara è effettivamente stata dimostrata l’assenza di naftalene, mentre non è stato possibile accertare al di fuori di ogni ragionevole dubbio la presenza o assenza di Ddt e più esattamente se le concentrazioni fossero inferiori ai 4,8 microgrammi per chilo, condizione per la collocazione in mare dei sedimenti trattati non come rifiuto bensì come movimentazione di sedimenti marini”. Circostanze che riguardano solo i sedimenti della darsena commerciale (dove si era concentrato il dragaggio di dicembre), non della canaletta e del bacino portuale. In ogni caso, tra il porto canale l’area compresa tra i moli e la diga foranea “i sedimenti sono sempre risultato contaminato”, precisa ancora Damiani, “e per questi non si è mai ipotizzato alcuno sversamento in mare”. Seppur presenti, comunque, l’Arta ha sempre rilevato tali inquinanti al di sotto del limiti per definire “pericoloso” il sedimento-rifiuto da asportare. “Pertanto, dalle analisi effettuate dall’Arta secondo il Piano di caratterizzazione redatto da Ispra, la stragrande maggioranza dei sedimenti da dragare è risultata rifiuto speciale non pericoloso e sarebbero classificabili come tali anche per il Ddt, qualora presente nella quantità rinvenuta dal laboratorio privato”, conclude Damiani. Al privato si è rivolta la procura aquilana, e sui risultati prodotti tra questo e quanto sostenuto da Arta, Ispra e Istituto superiore di sanità si vive ancora un contenzioso. Nessun laboratorio in Italia è oggi certificato per la ricerca e determinazione di Ddt nei sedimenti marini e al momento, per quanto riguarda quelli del porto di Pescara oggetto di contenzioso, 5 laboratori hanno rilevato assenza o tracce minime di Ddt e derivati, mentre 2 sostengono il contrario. Maggiori verità, probabilmente, si avranno dalle nuove 8900 determinazioni eseguite dal distretto provinciale Arta di Chieti: una mole spaventosa di numeri che dovrà essere tradotta per essere comprensibile a tutti.
Poco fiducioso si mostra, fin da ora, Augusto De Sanctis del Wwf Abruzzo: “Si tratta comunque di rifiuti e non possiamo essere felici solo perché non siamo di fronte a rifiuti pericolosi, la cui presenza sarebbe una cosa assurda. Una volta dragati”, dice, “questi materiali andranno trattati e smaltiti”.