Montesilvano. “Vattene infame non sei buono”: sarebbero queste le parole con Antonio Bevilacqua, il 21enne ucciso la notte del 16 settembre con un colpo di fucile in un pub di Montesilvano, avrebbe scatenato l’ira omicida di Massimo Fantauzzi, il 46 anni arrestato sabato scorso con l’accusa di avergli sparato al volto con un fucile.
E’ stato lo stesso comandante provinciale dei Carabinieri, Marco Riscaldati, a confermare che all’origine del delitto c’è proprio un diverbio tra i due, seppur non chiarendo se fondato su traffici o debiti in sospeso tra i due, ritenuti semplici conoscenti. Secondo la ricostruzione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Pescara Gianluca Sarandrea, il giovane, parlando con un amico del 46enne all’interno del locale, aveva “commentato negativamente la presenza di Fantauzzi”, che era rimasto fuori, “accompagnando tali considerazioni con gesti significativi di un atteggiamento di disprezzo che nutriva nei suoi riguardi”.
La lite, dunque, poi l’allontanamento di Fantauzzi dal locale di via Verrotti, quindi il suo ritorno a bordo della sua moto, lo sparo e la fuga del killer, durata fino a sabato pomeriggio. Fondamentali, per arrivare a lui, sono state le testimonianze dei presenti. Tra queste, in particolare, quella dell’amico di Fantauzzi che era andato con lui al pub. Scrive ancora il giudice che parlando con un’altra persona che aveva espresso risentimento nei confronti di Fantauzzi per “il mancato rispetto di un non precisato impegno che aveva assunto nei propri riguardi”, “Bevilacqua si era offerto di ‘risolvere’ la questione”; l’amico di Fantauzzi era riuscito a riportarlo alla calma, premurandosi di invitare il 46enne, che era sempre rimasto all’esterno del pub, ad abbandonare il locale vista l’atmosfera tesa. L’invito – scrive ancora il giudice – “non era stato tuttavia raccolto”. A quel punto Bevilacqua, quando il 46enne era entrato nel locale, aveva “ostentato disprezzo invitandolo ad allontanarsi e apostrofandolo con frasi offensive”, chiamandolo “infame”.
Per evitare ulteriori tensioni l’amico aveva accompagnato a casa il 46enne che, durante il tragitto, ha detto “ma ti rendi conto, come mi ha trattato? Con un paio di cazzotti lo sfracchio…”. L’amico ha raccontato di essersi trattenuto in casa di Fantauzzi per qualche minuto per poi tornare al pub in auto. Durante il tragitto è stato “superato da una moto di colore rosso”, proprio come quella posseduta dal 46enne, poi recuperata sabato scorso dai Carabinieri, qualche ora dopo l’arresto, nel fiume Pescara dove era stata abbandonata dopo il delitto.
Per la ricostruzione dei fatti – come scrive il gip nell’ordinanza – un elemento fondamentale è stato fornito dall’amico dell’arrestato, il quale, “alla vista del filmato tratto dal sistema di telecamere posizionate all’interno e all’esterno del locale” ha riconosciuto Fantauzzi. Il gip definisce “rilevante” il quadro indiziario a carico dell’indagato, “posto che le riprese video in atti”, insieme ad altre testimonianze raccolte, “consentono di ricondurre la responsabilità del grave delitto in esame proprio a Fantauzzi Massimo”.
Nell’ordinanza, il gip si sofferma sull'”assoluta gravità intrinseca dei fatti compiuti” e sulla “ferocia mostrata dall’indagato nel realizzare il proposito delittuoso”. “E’ più che concreto”, scrive il giudice, il “pericolo che l’indagato, se non sottoposto a idonea misura cautelare, possa commettere altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui si procede o comunque connessi con l’uso della violenza”. Al contempo, per evitare ritorsioni, come già avvenuto a sua sorella, pestata nel carcere di Chieti dove è detenuta a sua volta, Fantauzzi è stato trasferito in un carcere fuori dall’Abruzzo, dove è detenuto in regime di isolamento e dove verrà interrogato per rogatoria. L’interrogatorio di garanzia si svolgerà entro giovedì, termine dei cinque giorni previsti dalla legge.