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Processo Lady BMW: gigolò scagiona Barretta

Pescara. “Non ho mai coinvolto nessuno. Barretta mi ha accompagnato in alcuni viaggi, in buona fede. Era assolutamente estraneo alle mie vicende, gli ho soltanto detto che avevo dei problemi per giustificare le precauzioni adottate per salvaguardare la mia incolumità”. Parla per quasi due ore davanti ai giudici del tribunale di Pescara il gigolò svizzero Helg Sgarbi, chiamato a testimoniare nell’ambito del processo sui ricatti a luci rosse a donne facoltose tedesche, che conta tra le parti offese anche Susanne Klatten, proprietaria della BMW.

Sgarbi, che per questa vicenda sta scontando sei anni di reclusione in Germania, non si scompone e in un italiano perfetto racconta la sua storia con Lady BMW e altre due donne tedesche. Ad ascoltarlo all’aula 1 del tribunale di Pescara c’è anche la moglie Gabriele Franzischa Sgarbi, imputata nel procedimento insieme a Ernani Barretta, proprietario di una country house a Pescosansonesco, in provincia di Pescara; i suoi due figli Marcello e Clelia; sua moglie Beatrice Batschelet e due lavoratrici della country house Prisca Furger e Sandra Fabbro. Sgarbi senza esitazioni racconta ai giudici di aver fatto tutto da solo: “ho preparato io i DVD che ho inviato alla Klatten e le riprese sono state fatte da una telecamera nascosta all’interno di una borsa posizionata vicino al letto dell’albergo dove sono avvenuti gli incontri”. Sgarbi sostiene anche di aver messo lui nella giacca di Baretta il biglietto con i numeri di telefono e i nomi di alcune donne. “Ho fatto questo ad insaputa di Barretta e oggi gli chiedo scusa per averlo coinvolto”.

Il gigolò svizzero chiede di nuovo scusa anche a Susanne Klatten: “l’ ho già fatto pubblicamente, ma oggi voglio farlo di nuovo. Con lei è stato un rapporto più serio, non era una storia sporca, altrimenti non mi avrebbe mai dato 7 milioni di euro”. Sgarbi spiega in aula che i soldi che ha ricevuto dalle donne vittime dei suoi ricatti li ha utilizzati per pagare i debiti di gioco. “La Klatten quando mi ha dato i 7 milioni di euro non pretendeva che li restituissi, ma in caso l’avessi fatto era intenzionata a darli in beneficenza”. Il gigolò racconta poi di avere tentato di estorcere alla proprietaria della BMW 14 milioni di euro perché la donna avrebbe interrotto la loro relazione in modo brusco. “Volevo sapere il motivo della sua decisione ma mi chiuse il telefono in faccia. Non riuscivo ad accettarlo, dopo tutto quello che c’era stato. Non riuscivo a mandare giù questa umiliazione e pensai che non l’avrebbe passata liscia”.
Sgarbi aggiunge tra i motivi alla base del suo gesto l’arroganza, a suo dire, usata dalla Klatten nei sui confronti: “lo stesso atteggiamento subito da mio nonno ebreo da parte degli antenati di Susanne”. Il gigolò non esita mai durante la sua testimonianza, tranne quando deve ammettere che i rapporti con le altre due donne vittime dei suoi ricatti erano di natura esclusivamente sessuale. “C’è mia moglie in aula, non voglio ferirla. Anzi voglio fare un appello: non sacrificate persone innocenti che non c’erano nulla”. L’ appello di Sgarbi viene interrotto da uno dei difensori della Klatten. “Lei – dice rivolgendosi al gigolò – è l’ultima persona che può venire a parlare di giustizia nei tribunali italiani”. Prima che Sgarbi riparta alla volta della Germania la moglie chiede e ottiene di potergli parlare. I due escono dall’aula e, sotto la supervisione degli agenti della polizia penitenziaria di Roma, si incontrano.