Pescara. La vasca di colmata sembra l’evoluzione più alla portata per smuovere il dragaggio paralizzato dagli esami sul Ddt. Ma per svuotare il contenitore che ospita i fanghi dei vecchi dragaggi occorrono ancora nuovi esami, e ancora una volta l’intervento dell’Ispra.
Analisi, controanalisi e ulteriori esami. Il destino del porto di Pescara insabbiato sembra legato a doppio filo ai risultati dei laboratori chimici. Eppure, l’ultimo episodio della triste telenovela con lo scalo portuale protagonista si era concluso proprio sui risultati delle analisi di istituti pubblici e privati, senza riuscire ad ottenere un parere concorde. L’Arta Abruzzo, in prima e seconda battuta, aveva accertato la pulizia dei fondali, con conseguente parere favorevole allo sversamento in mare dei fanghi da dragare. Di contro il laboratori privati incaricati dalla Procura de L’Aquila, che aveva bloccato i lavori sul nascere: nelle sabbie della darsena ci sarebbero i pesticidi, che inquinerebbero il sito di sversaggio al largo della costa. Intervenuti come arbitri superiori, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che aveva invocato l’intervento dell’Istituto superiore di sanità. Prelievi, analisi e referti, ma nessuna soluzione definitiva.
Dimesso il commissario straordinario, ecco l’intervento della Regione, chiamata in causa dal sindaco Mascia e da Guerino Testa, come presidente della Provincia, per far pressione sul Provveditorato alle opere pubbliche per approntare la vasca di colmata: l’ultima soluzione ipotizzata per scaricare le migliaia di metri cubi che otturano il porto. La banchina artificiale costruita attorno alla punta sud del porto era stata scartata all’origine dell’ultimo dragaggio perché già colma di vecchi fanghi e non potrebbe i nuovi, contenenti il presunto Ddt, perché non adeguatamente isolata, quindi ugualmente pericolosa per l’ambiente. Ma il direttore dell’Arta aveva riacceso le speranze di Mascia e Testa: “Le ultime analisi effettuate sul materiale contenuto nella vasca di colmata sono assolutamente nei limiti di legge”.
Si dovrebbe, quindi, svuotarla dei vecchi depositi per renderla di nuovo utilizzabile: la sabbia, ormai drenata, potrebbe essere utilizzata come materiale da cantiere o essere anch’essa sversata in mare. Ma le tante voci che sospettano i vecchi fanghi già inquinati, avvalorata ora dalla tesi della Procura sui pesticidi (se ci sono ora, e il Ddt è fuori commercio da decenni, ci potevano essere anche prima), non bastano la parola e le analisi dell’Arta: per svuotare la vasca di colmata e riutilizzarla con il materiale da dragare nel porto di Pescara saranno necessarie ulteriori analisi, per implementare quelle già disponibili. Un incontro tenutosi oggi tra Testa, il consigliere regionale Sospiri, i tecnici della Regione Abruzzo, del Provveditorato alla opere pubbliche, dell’Arta e il comandante della Capitaneria di porto, hanno stabilito di affidarle proprio all’Agenzia regionale di tutela ambientale, che già ne ha effettuati nell’intero porto con una spesa complessiva di 600mila euro, dopo di che sarà promossa una gara di appalto per promuovere i lavori di svuotamento. Ma prima di tornare ad usare la vasca, ovviamente, sarà necessario impermeabilizzarla. E per supportare gli esperti del team di Amicone sarà chiesto il supporto dell’Ispra. Punto e a capo.
Sono questi, in linea di massima, i prossimi step da seguire, in base a quanto stabilito oggi dal tavolo tecnico che si è riunito in Provincia. Si spera, d’ora in poi, in un più sollecito intervento di Regione e Provveditorato: “Mi auguro che il Provveditorato acceleri al massimo i tempi per avviare questa procedura”, afferma Testa, “Il presidente della Regione Gianni Chiodi”, prosegue, “ha ottenuto risposte importanti dai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture per cui non si può perdere altro tempo e si deve procedere speditamente”. “Oggi abbiamo quanto meno la certezza che il Governo si è reso conto della gravità della situazione del nostro porto”, commenta il presidente della Regione, dopo il pronunciamento del ministro all’Ambiente Clini, “e si è attivato per individuare possibili soluzioni, come la vasca di colmata”.
Daniele Galli