Pescara. Fa discutere la “stretta” della Forestale contro i bagni nelle cascate e nei bacini che si formano lungo le gole del parco della Majella. Dopo le 68 multe elevante in un giorno, impazza la polemica tra i più ambientalisti e i promotori di un turismo più “aperto”.
Sessantotto persone multate in un solo giorno, tra i Comuni di Roccamorice ed Abbateggio, per deterioramento degli habitat naturali delle Gole dell’Orta a Bolognano e del torrente Cusano. Zone tutelate a livello regionale, nazionale ed europeo, nell’ambito dei controlli delle risorse idriche e della fauna minore nei fiumi e nei torrenti di montagna eseguiti dai Carabinieri del Reparto Parco della Majella di Guardiagrele e del Gruppo Carabinieri Forestale di Pescara.
Multe da 300 euro che finiranno nelle casse della Regione Abruzzo, e impazza la polemica tra chi sostiene la necessità di tutelare la natura e chi, di contro, propende per maglie più larghe, in favore della promozione turistica.
La cascata di Cusano, le gole dell’Orta e i Luchi di Santa Lucia, la Cisterna di Bolognano, meraviglie della Majella pescarese, ma anche il teatino, con la cascata di San Giovanni a Bocca di Valle, nella zona di Guardiagrele, brilla per corsi d’acqua e bacini naturali frequentati da chi ama refrigerarsi d’estate lontano dal mare.
Posti tutelati da lungo tempo: risale al 1993 la legge regionale sulla tutela della fauna cosiddetta minore, che vieta ogni attività che possa provocare “disturbo, distruzione o deterioramento degli ambienti di vita, di riproduzione o di frequentazione” delle specie di acqua dolce, come gamberi e granchi di fiume, ma anche Lontre e anfibi di vario genere. Altrettanto lungo il periodo, però, che hai visto queste zone “riservate” unicamente ai residenti, in quanto tra i pochi a conoscere localizzazione e sentieri per giunger a certi paradisi naturali.
Frequentazioni limitate e regole del buon senso civico rispettate, così che gli enti preposti al controllo hanno tollerato e non riscontrato eccessive violazioni, e il bagno in montagna, da parte di chi la montagna sa viverla e rispettarla, è stato consentito.
Fino a poco tempo fa, negli ultimi due anni, più o meno: il passaparola, amplificato dalle foto postate sui social, ha attirato in tali “isole incontaminate” folle di persone del tutto prive di scrupoli e civiltà. La Cisterna di Bolognano, ad esempio, una piscina naturale alimentata da una cascata sull’Orta, è stata spesso adoperata come “Jacuzzi” collettiva, con tanto di zona adibita a “frigorifero” per cocomeri e bevande, mentre sulle rive del fiume si è banchettato con pizze e panini, con carte e cartoni abbandonati in acqua e tra la vegetazione.
Su questi episodi si è scagliata l’attenzione di alcuni gruppi ambientalisti, rapidi a scontrarsi con alcuni promoter turistici che pubblicizzavano escursioni e trekking “bagnati”. Confusione si è fatta tra la pubblicità sui social e le attività poi praticate da guide esperte e autorizzate, soggetti impegnati nel far rispettare norme ambiente. Il risultato, comunque, è stato l’incremento dei controlli e della repressione.
Non tanto le multe quanto il “divieto” di accesso a posti che qualcuno ha sempre vissuto ha fatto scatenare, soprattutto su Facebook, l’indignazione di chi rivendica il diritto al bagno nel fiume. Nelle ultime ore sono stati tanti quelli che hanno postato vecchie foto mentre nuotavano nelle acque di Cusano o dell’Orta, pronti a dichiararsi colpevoli e a pagare pur di non rinunciare a “un posto dell’infanzia per colpa di qualche incivile”.
Tante anche le polemiche di chi si scaglia contro “il Parco che vuole fare cassa senza nemmeno mettere un cartello che spiega le regole”, gridando alla “morte del turismo” e alla “messa in fuga di quei pochi turisti che finalmente hanno scoperto l’Abruzzo”. Così come quelle che evidenziano: “Vietano il bagno nelle acque pulite in montagna e lasciano fare quello nel mare inquinato dai depuratori abusivi”. Dall’altro lato, però, quelli che difendono leggi e natura a spada tratta, delusi anche dalle brutte esperienze vissute al cospetto di chi ha scambiato, senza ritegno, la montagna di tutti e il fiume di tutti con il parco e la piscina di casa propria.
Trovare la parte della ragione è difficile, certo è che manca un’educazione all’esplorazione naturalistica e si sottovalutano rischi e comportamenti errati. Più facile intuire quanto può essere pericoloso tuffarsi dai costoni rocciosi, meno comprendere che bagnarsi nel fiume con la crema solare o il gel sui capelli vuol dire inquinare l’habitat. Bello sarebbe riuscire a “vivere” di turismo grazie ai maggiori afflussi in paesini altrimenti ignorati dalle mappe dei trekking, ma non si può a spese degli stessi territori per cui si spendono soldi pubblici per difesa e recupero e che, se danneggiati irreversibilmente, rimangono antichi ma non eterni.