Rigopiano, il raccontro di un superstite: “60 ore sotto le macerie”

Pescara. “Appena successo forse ho avuto un attacco di panico, non sapevo cosa era accaduto. Forse un terremoto che aveva colpito anche Roma. La cosa era talmente grande… Non ricordo il boato. Ho sentito lo spostamento d’aria. Una botta incredibile. Qualche volta svenivo, poi mi svegliavo. Sognavo e mi ritrovavo li sotto”. E’ rimasto per 60 ore sotto alle macerie dell’Hotel Rigopiano, Giampaolo Matrone, uno degli 11 superstiti della tragedia del resort.

Matrone, pasticcere 33enne di Monterotondo, in quella tragedia ha perso la moglie, Valentina Cicioni. Racconta quell’inferno ai microfoni del Tgr Lazio e dice di non sapere come ha fatto a sopravvivere.

“Solo all’inizio preso un po’ di neve per bere, ma ho dovuto sputarla perché in mezzo c’era di tutto: sassi, vetri. Sono sopravvissuto forse grazie alla forza fisica che ho dentro, aggrappato alla vita”.

Il giovane, incastrato sotto a travi di cemento e salvato grazie ai segnali emessi da due cellulari che erano tra le macerie, racconta che “durante tutte le ore li sotto ho sempre pensato che mia moglie mi è stata vicino. Sognavo che mi riportava a Monterotondo con la macchina. Sono andato a lavorare e lei mi è venuta a riprendere in pasticceria la sera. La vedevo sempre come un angioletto, accanto a me. Le chiedevo l’acqua”.

“Basta che arrivavo due ore più tardi e il braccio mi veniva amputato – racconta Matrone, che ha subito diversi interventi e che è ancora ricoverato al Gemelli di Roma – Ma se arrivavano qualche ora prima la fase dell’ospedale l’avevo già superata”.

“Voglio tornare a Rigopiano con la mia bambina, Gaia, e spiegarle qualche cosa lì. Portare un fiore che lasceremo lì come ricordo”, conclude.

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