Che fosse questo, il finale, lo si era capito ormai da un paio di giorni e mercoledì se ne è avuta la certezza: nei discorsi ufficiali, nelle dichiarazioni ai tg, non c’erano neanche più quelle parole formali che servivano a lasciare aperta comunque una seppur minima speranza. E l’unico obiettivo rimasto a chi stava scavando senza sosta da giorni, era quello di trovare prima possibile tutti i corpi sepolti sotto la neve e le macerie.
Per chiudere finalmente la macabra conta delle vittime, restituire i corpi alle famiglie e abbandonare prima possibile quella montagna piena di dolore. La svolta è arrivata lunedì notte e da allora, in 48 ore, i vigili del fuoco hanno tirato fuori da quel che resta dell’hotel 18 vittime; 9 le hanno estratte martedì e 9 mercoledì. Queste ultime sono sei donne e tre uomini: i loro corpi, come la maggior parte di quelli usciti da quell’inferno poche ore prima, erano incastrati tra pilastri, pezzi di cemento, neve e tronchi. Ed erano tutti in un unico ambiente: quello dove, prima che sul Rigopiano si abbattessero centinaia di tonnellate di neve, era il bar.
I vigili del fuoco, in quella zona, c’erano arrivati due giorni fa. Erano entrati passando dalle cucine e lì avevano avuto già un brutto presentimento: alcuni di quegli ambienti erano rimasti miracolosamente intatti, ma non c’era nessuno. “Speravamo di trovare qualcuno ancora vivo – hanno ripetuto fino a ieri – anche se sapevamo bene che stavano per lasciare l’albergo e dunque erano tutti radunati da un’altra parte. Però magari qualcuno era tornato indietro, o si era attardato per qualche motivo in cucina. E se fosse stato così si sarebbe forse salvato”. Concluse le verifiche nelle cucine, gli Usar, gli specialisti delle ricerche tra le macerie, sono passati al bar. Un’ampia zona tra la sala del camino, dove c’erano alcuni dei sopravvissuti, e l’area ricreativa, dove sono stati estratti vivi i tre bambini. Ma lì dentro la situazione era molto peggio: un unico groviglio di macerie e neve. E di corpi. Qualcun altro, invece, lo hanno recuperato nella zona dove erano le camere: quattro piani venuti giù completamente e schiacciati uno sull’altro. E gli ultimi due, un uomo e una donna, li hanno trovati sempre lì: nella zona tra il bar e la hall. Dove tutti gli ospiti e i dipendenti dell’albergo attendevano l’arrivo dello spazzaneve che avrebbe dovuto portarli via. Ma il mezzo non si è mai visto e al suo posto è arrivata la valanga maledetta. Alla fine di una giornata lunghissima, i morti sono quindi 29, quindici uomini e quattordici donne.
Due persone, il cuoco Giampiero Parete e il tuttofare dell’hotel, Fabio Salzetta, si sono salvati perché al momento della slavina si trovavano all’esterno dell’albergo. Sono stati recuperati dagli uomini del soccorso alpino all’alba di giovedì scorso. Dalle macerie i vigili del fuoco hanno poi estratto vive, tra la giornata di venerdì e l’alba di sabato scorsi, 9 persone: la moglie e il figlio di Parete, Adriana Vranceanu e il piccolo Gianfilippo; tre bambini, l’altra figlia di Parete, Ludovica, Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo, e altre 4 persone. Si tratta di Giampaolo Matrone, Vincenzo Forti, Francesca Bronzi e Giorgia Galassi.
Nella serata di giovedì resta solo un corpo da identificare tra le 29 vittime dell’hotel Rigopiano, gli altri, adesso, hanno tutti un nome. Anche oggi, infatti, sono andate avanti all’ospedale di Pescara le procedure di identificazione dei cadaveri estratti dalle macerie dell’albergo.
Mano a mano che i corpi vengono identificati, parte la delicata fase della comunicazione ai familiari e del riconoscimento. Dopo questo passaggio c’è il trasferimento all’ospedale di Chieti, per l’autopsia. Al termine dell’esame autoptico, le salme vengono riconsegnate ai familiari.
Alessandro Riccetti, 33enne di Terni, addetto alla reception dell’hotel
Marco Vagnarelli, 25 anni di Castignano (AP)
Paola Tomassini, 24 anni, fidanzata di Vagnarelli