Montesilvano. Un giro in carrozzina per il centro, tra scivoli, rampe e marciapiedi: sono stati i componenti del Consiglio e della Giunta comunale di Montesilvano a sedersi su 4 ruote, questa mattina, per testare le difficoltà che tutti i giorni vivono i portatori di handicap costretti a combattere con le barriere architettoniche. Con loro, anche i giornalisti si sono seduti per tentare l’impresa: i risultati personali sono stati un paio d’ore di sudore, una ferita al braccio e un’altra, più profonda, direttamente al cuore.
Caccia aperta alle barriere architettoniche: è stata chiamata così da Claudio Ferrante, responsabile dell’Ufficio DisAbili del Comune, l’esperienza empatica messa in atto questa mattina a Montesilvano. Consiglieri, assessori, tecnici e dirigenti comunali si sono messi su una sedie a rotelle e hanno seguito Ferrante, che su una carrozzina ci vive tutti i giorni, per le poche centinaia di metri che formano l’anello del centro cittadino. Un’esperienza inimmaginabile, anche in una città come Montesilvano all’avanguardia in Abruzzo e in Italia per l’accessibilità, che ha già tanto lavorato in questo senso e che tra una settimana si appresterà ad aderire alla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Un’esperienza inimmaginabile anche per chi convive tutti i giorni con la disabilità di una familiare, e che ha deciso di condividere l’empatia e la focalizzazione su questo mondo interiore promossa da Ferrante “per ridurne la distanza psicologica che nasce dal pregiudizio o dall’indifferenza”. Per aderire è servito sedersi sulla carrozzina e andare per le strade, qualche centinaio di metri partendo da piazza Diaz, dalla porta del Municipio, arrivare su via Vestina passando per via d’Annunzio, e rientrare in piazza Montanelli dalla bretella di via Sospiri; qualche tentativo per entrare a palazzo Baldoni e poi il ritorno al punto di partenza. Con noi anche il sindaco Cordoma, l’assessore alla disabilità Pietro Gabriele e il dirigente del settore Lavori Pubblici, l’ingegner Gianfranco Niccolò: messi alla prova, con una dozzina di colleghi, con quello che gli atti firmati in Comune realizzano sulla strada.
Se ti siedi su una carrozzina ti accorgi che un disabile, in realtà, ha una marcia in più. Le istruzioni per la guida sono doverose da parte di Ferrante, ma la prima sensazione che arriva è che le mani dovranno lavorare parecchio. Il selciato che ricopre la piazza, bello e lucido alla vista, si dimostra un tappeto saltellante, dà la sensazione di percorrere all’infinito le strisce usate sulle strade per segnalare la necessità di rallentare in prossimità di un incrocio. Finisce la piazza chiusa al traffico e arriva l’asfalto, e già per accederci bisogna scendere uno scivolo carrabile, dislivello di 10 centimetri scarsi che, però, ti getta senza freni su via d’Annunzio, dove le macchine passano e come; oggi ci sono i vigili a fermare il traffico, oggi, e i politici né approfittano per formare una colonna di ruote a raggi: “ma che fate, la strada è per le macchine!”, li richiama Ferrante. I disabili, infatti, devono passare sui marciapiedi per evitare i veicoli e per non intralciare il traffico di una via stretta come quella in questione; passiamo allora sul marciapiede, e siamo costretti a fare lo slalom tra tavolini e sedie di un bar, mentre i clienti nemmeno si spostano né posano la tazzina del caffè; superato l’happy hour la pendenza comincia ad aumentare, e giù di braccia a far girare le ruote: l’istinto è quello di assecondare l’andatura con il corpo e premendo sulle gambe, aumentando la forza propulsiva delle mani, ma chi sta in carrozzina le gambe non le può muovere e nella maggior parte dei casi ha le mani semi-atrofizzate o braccia tetraplegiche. Arriviamo sulla Vestina, e qui le traverse proliferano insieme al saliscendi dei marciapiedi: alla prima discesa sono già tanti quelli che mollano; io ci provo e l’alluminio che scalda le mie mani mentre provo a rallentare me ne fa accorgere. Dopo la discesa difesa da un vigile urbano, c’è la salita. Una trentina di centimetri di spigolo che spaccano in diagonale un marciapiede che in condizioni normali, da 1metro e 86 di altezza, il mio 46 di piede supererebbe usando solo l’alluce; ma la mia ruota è alta scarso un metro e la mia altezza, da seduto, non fa altro che sbilanciare il mio asse e rovesciarmi. Mi sento impacciato, davvero molto, ci sono 30 gradi e non posso andarmi a cercare il passaggio all’ombra: o supero lo scivolo o sfido la Vestina, meglio conosciuta dagli automobilisti come “chilometro lanciato”. Prendo la rincorsa, baro, lo ammetto, forzo sulle gambe e proietto il mio peso in avanti per superare un vero e proprio scoglio. Ferrante lancia la sfida, provare a scendere e risalire da un semplice passo carraio, uno scivolo in cemento ancor più passo di quello di piazza Diaz; la macchina che lo usa per rientrare a casa non accusa nemmeno la frenata, tant’è dolce la pendenza, ma così il dosso in cemento si allunga: a scendere finisco in braccio a quel santo vigile, a risalire stavolta non ho possibilità di rincorsa né di rischiare di retrocedere tra le macchine, così finisco sbalzato fuori dalla carrozzina e mi scortico un braccio strisciandolo nemmeno so dove. Rimango in piedi, ma io posso, un disabile no, e il cuore mi manda una fitta al solo pensare dove sarebbe finito uno di loro in quel caso; indubbiamente, hanno almeno una marcia in più dei normalmente abili.
Un quarto d’ora e abbiamo percorso a malapena 200 metri. Proseguiamo verso via Sospiri, il sudore di qualche consigliere costringe a togliersi le giacche d’ordinanza che finiscono tra i raggi e sotto le ruote, ma il tempismo più che perfetto fa ricordare che è ora di assolvere impegni istituzionali in altre sedi: ci si alza e si va via. La carrozzelle in coda, invece, vanno avanti sbandando, su e giù tra dossi e scivoli, e al curvone della rotatoria lo slalom stretto è obbligatorio tra un lampione, un albero, una buca e il rischio di cadere dal marciapiede privo di parapetto in piena corda della svolta. Con il sedere ad una spanna da terra, la Mercedes che mi sfiora passando non è poi così bella come ricordavo, sarà la prospettiva dal basso in alto che mi frega? La coda si arresta, c’è un cantiere ed un camion ha piazzato i piedi della gru che trasporta proprio sul marciapiede: una persona ci passa, due ruote no. Gli operai salutano il sindaco (lo riconoscono nonostante le mani nere e la camicia madida di sudore) e rimuovono lesti l’ingombro, dietro di me c’è una mamma che spinge la carrozzina di suo figlio che si domanda perché a loro, tutti i giorni, queste grazie non vengono concesse. Arriviamo in piazza Montanelli e finalmente l’ombra degli alberi e le aiuole concedono un po’ di fresco: “Non sperare nel verde”, mi riprende Ferrante, “in questi posti gli escrementi di animali fioriscono e le mani si sporcano”. In questo caso, l’unico rimedio che un disabile adotta contro l’inciviltà di chi conduce i guinzagli è una scorta di disinfettante sempre al seguito. Il consigliere Adriano Tocco, uno dei promotori dell’iniziativa, si impunta alla fine di un marciapiede privo di rampa; retrofront impossibile, retromarcia fino al più vicino scivolo, 30 metri di zig-zag prima. Non va meglio all’ignegner Niccolò, uno di quelli che questi marciapiedi li disegna a colazione: proprio sotto l’insegna del Comando della polizia municipale, uomo di quasi due metri, si spreme a fondo per superare l’ennesimo scivolo, ma gli occorrono ben tre tentativi. Il sindaco Cordoma, dietro di lui, si fa consigliare la giusta postura da un disabile, ma finisce ugualmente con le ruote nel vuoto di un aiuola, salvandosi grazie alle abili gambe dal tuffo in un cespuglio. Palazzo Baldoni, sede di numerosi uffici pubblici, è l’ultima tappa prima del rientro: l’ingegner Niccolò affronta la rampa appositamente costruita per l’accesso delle carrozzine, pendenza del 12% circa affrontata con uno sprint in salita, ma per la lunga discesa occorre procurarsi una bella vescica sui palmi. Scivoli tutti a norma, o quasi, ma comunque inaccessibili: “La legge prevede pendenze dell’8%, ma le linee guida attuali parlano di 5%: questo accade perché le normative risalgono a 50 anni fa”, spiega Ferrante, “ occorre, invece, un intervento strutturato e competente”.
Argomento ripreso anche da Cordoma, rattristato dopo l’esperienza da “l’aver trovato barriere anche dove abbiamo speso soldi e siamo intervenuti per migliorare l’accessibilità”. “Montesilvano lavora da tre anni per rispettare la legge sulle barriere architettoniche, ma oggi ci siamo resi conto che se la legge non la fa chi è in carrozzina, si rispetta l’accessibilità normativa ma non la fruibilità reale per i disabili. Questo fa molto male”, ha dichiarato mostrando le mani annerite dalle ruote.
Da tre anni, infatti, l’Amministrazione di Montesilvano sta lottando contro le barriere architettoniche, e tra una settimana diventerà la prima città abruzzese ad aderire, con un Consiglio straordinario solenne, alla convenzione Onu sui diritti delle persone disabili. Inoltre, “si sta lavorando, grazie anche ad alcuni volontari del Servizio civile della Provincia di Pescara (oggi presenti all’iniziativa Ndr.) per stilare un censimento delle barriere nell’ambito di un Piano di abbattimento, in progettazione con l’Università d’Annunzio, che ridisegnerà il Piano regolatore per una città in funzione dei disabili”, ha spiegato l’assessore alla Disabilità Pietro Gabriele. Fa riflettere, però, che nel pieno centro di questa città avanguardista, ci siano così tante barriere reali; in periferia la situazione è nettamente peggiore: il consigliere Gianni Bratti riferisce che “sulla Statale abitano numerosi disabili, costretti a passare con le carrozzine direttamente in strada”. Si conferma, pertanto, la necessità di quell’intervento strutturato evocato da Claudio Ferrante: “Un intervento esteso e non a macchia di leopardo, che produce solo tanti rattoppamenti, e realizzato da chi sa quali sono le esigenze reali: anche un gradino di un centimetro può rivelarsi un muro di due metri”. E in effetti, mi è bastato un centimetro per lasciarmi con una ruota sospesa e la carrozzina bloccata.
Emblematica la conclusione della mattinata: “Siamo liberi?”, chiede il sindaco Cordoma mentre si alza definitivamente dal suo mezzo e riprende, libero, il suo incedere su due gambe sui gradini del Municipio. Libero lui, liberi noi. I disabili no.
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Daniele Galli