Pescara. È stato acciuffato in poche ore l’autore della tentata rapina perpetrata ieri mattina ad Akirè, negozio di abbigliamento del centralissimo corso Vittorio Emanuele, durante la quale una commessa era stata ferita con un coltello. Fondamentale l’intervento di alcuni passanti che, oltre a far desistere l’uomo, hanno fornito alle forze dell’ordine elementi chiave per l’identificazione.
È un ventiseienne tossicodipendente, originario di Atri ma residente a Pescara da lungo tempo, l’uomo che nella mattinata di ieri ha tentato di rapinare la boutique Akirè, ferendo la commessa prima di scappare senza portarsi dietro alcun bottino. E la tossicodipendenza sarebbe la motivazione dell’inconsulta modalità d’azione adoperata da Simone Terenzio che, spinto forse da una crisi d’astinenza, ha tentato la rapina appena alle 9:10, quando la cassa di qualsiasi negozio d’abbigliamento non può contenere altro che qualche spicciolo necessario a dare il resto ai primi clienti. Terenzio si è introdotto nel negozio appena dopo l’apertura, camuffato solo con cappellino bianco-nero e il cappuccio della sua felpa viola, coltello a farfalla alla mano con il quale ha minacciato la commessa per farsi consegnare il denaro; la donna ha avuto immediatamente il coraggio per opporsi e cercare di scacciare via Terenzio, ne è nata una colluttazione dalla quale la donna è uscita ferita superficialmente alla mano e al petto. Terenzio la spinge a terra, lei, sanguinante, si spaventa e urla all’aggressore di prendersi tutto ciò che vuole e andarsene; grida che attirano l’attenzione di una passante, che attraverso la vetrina vede la scena e urla a sua volta in cerca di soccorso. Terenzio si sente scoperto e si da alla fuga, abbandonando il bottino e disfacendosi del cappellino e della lama “butterfly” insanguinata, cercando, così, di rendersi il meno corrispondente possibile alle descrizioni dei testimoni.
Mossa inutile: la ragazza all’esterno del negozio, ironia della sorte, lo riconosce e lo identifica come tale Simone, mentre nel corso della sua fuga lungo una traversa che conduce all’area di risulta, dove Terenzio nasconderà anche la felpa di un evidente colore viola, un uomo lo nota correre e una volta sbucato su Corso Vittorio riconduce l’episodio allo stato di allarme ormai diffuso sul luogo del reato. Immediatamente, infatti, erano giunti sul posto i carabinieri che, raccolte le lucide testimonianze della vittima e dei due passanti, si erano dati alle indagini, coordinati dal tenente Salvatore Invidia, fermando un primo sospettato con lo stesso nome indicato dalla ragazza, rilasciato dopo poco. Alle indagini si aggiungono gli uomini della squadra Volante della polizia, guidati da Alessandro Di Blasio, che scavano nei propri archivi incrociando le descrizioni fornite con il presunto nome dell’uomo: “Fondamentali i dettagli forniti dalla commessa, lucida a carpire i particolari fisici del proprio aggressore nonostante la tensione del momento”, ha detto stamattina in conferenza stampa il sostituto commissario Stefania Greco. Ma la chiave di volta è stata, indubbiamente, la ragazza all’esterno che ha fornito il nome del rapinatore. Dopo appena 4 ore le indagine hanno portato le volanti nel “ferro di cavallo” di Rancitelli, in via Tavo, dove Terenzio, alla vista delle Alfa Romeo si è dato nuovamente alla fuga, in cerca di rifugio a casa di altri pregiudicati; gli agenti lo hanno acciuffato al 5° piano, mentre bussava disperatamente al portone che, però, gli rifiutava ospitalità. Immediata la confessione: “Avevo bisogno di soldi”; ha poi raccontato tutto l’accaduto nei minimi particolari, accompagnando gli agenti anche sul posto dove aveva occultato la felpa. Per lui è scattato l’arresto per rapina aggravata dall’uso di arma propria; la commessa, invece, se la caverà con una prognosi di 10 giorni e qualche punto di sutura alla mano.
Il ladro con la piccozza. Decisamente impropria, invece, l’arma utilizzata da un altro uomo arrestato dalla Volante, all’alba di questa mattina. Si tratta di Mario Pelaccia, quarantottenne di San Valentino in Abruzzo Citeriore che il pomeriggio del 25 marzo scorso aveva rapinato un ristoratore di San Donato utilizzando una piccozza. Con l’attrezzo agricolo, infatti, era stato visto da un conoscente del titolare introdursi nel locale durante l’orario di chiusura; il ristoratore, avvisato, entrando nel ristorante lo aveva colto sul fatto, sentendosi rispondere dal Pelaccia: “Non ho preso nulla, cercavo solo da mangiare”. Tutt’altro che affamato, l’uomo aveva già scassinato e prelevato il cassetto del registratore di casa contenente circa 2mila euro, dandosi alla fuga minacciando il ristoratore con la piccozza. Il testimone aveva, però, individuato nei pressi una Hyndai grigia, appartenente al rapinatore, mentre gli accertamenti della scientifica hanno consentito di rilevare le impronte della mano sinistra che Pelaccia aveva incautamente lasciato sotto la cassa. “I fatidici 17 punti di corrispondenza con le impronte già nei nostri schedari hanno permesso il riconoscimento”, ha spiegato Alessandro Di Blasio. Mario Pelaccia è stato così condotto in carcere con l’ordine di custodia cautelare emesso dal Gip Di Fine, su richiesta dal Pm Di Florio, con l’accusa di rapina. Ma già il 20 marzo era stato denunciato per aveva tentato il furto in un’abitazione, sempre armato della fedele piccozza.
Daniele Galli