Pescara. L’esasperazione della marineria pescarese, condannata alla paralisi da un dragaggio ritardato e risicato, è sfociata stamattina in protesta. Mentre i pescherecci hanno bloccato la banchina commerciale del molo di levante, i marinai sono saliti in corteo sulla rampa dell’asse attrezzato bloccando il traffico del centro per tutta la mattina. E all’arrivo del sindaco Albore Mascia l’esasperazione è diventata rabbia manifesta.
Il corteo, già in programma da alcuni giorni con annessa mobilitazione di Questura e polizia municipale, sarebbe dovuto partire dal mercato ittico e procedere verso il Palazzo di Città. Invece è partito dal molo sud, perché i manifestanti hanno voluto prima attraccare i pescherecci sulla banchina commerciale, li dove non possono stare, dove vanno a scaricare le navi cargo. Ma anche dove è piazzato il macchinario per il trattamento del materiale risultato dal dragaggio incriminato: quello di appena 2mila metri cubi, quello che non ha risolto nulla, quello per cui oggi si protesta. A permanere attualmente sono due problemi di fondo: il reperimento dei fondi per una pulizia massiccia ed estesa del fondale ormai ridotto all’osso, e individuare un luogo dove poter riversare i fanghi per evitare di portarli in costosi e specializzati siti di trattamento e smaltimento.
Poi si incamminano sulla banchina. Sono i circa 70 cuori pulsanti del porto, quelli che nel periodo fulgente di qualche anno fa erano più del doppio, quelli che prendono il diritto di protestare direttamente dal mare: perché se le condizioni del porto rimangono quelle attuali loro non rischiano solo il posto di lavoro, rischiano la vita. Ad esacerbare gli animi c’è la brutta avventura capitata ad alcune barche durante la notte di martedì: pioggia, brutto tempo, mare in tempesta; alcune navi uscite a pescare cercano di rientrare in porto ma rimangono incagliate nella secca generale della darsena. Un’ avventura che rischia di capitare quasi tutti i giorni: “Non abbiamo paura nemmeno del mare in tempesta”, dice uno dei marinai, “cominciamo ad aver paura ogni volta che dobbiamo rientrare in questo porto”. La marcia sfila silenziosa lungo il tratto finale del canale, poi sale sulla rampa dell’asse attrezzato, proprio di fronte al comando della Capitaneria di porto, dove cominciano i primi fischi. Un silenzio che procede pacatamente borbottante, ma sbotta sul cavalcavia sopra il fiume, dove i marinai trovano ad aspettarli il sindaco Albore Mascia e il presidente della Camera di commercio di Pescara, Daniele Becci.
Urla, fischi, furore: attorno al sindaco si forma immediatamente un capannello. E’ il gergo di barca a farla da padrone: frasi in dialetto poco smussato ma ben diretto al punto. Nessun contatto, ma tra i tanti che imbruttiscono il muso c’è chi prova a placare gli animi. Francesco Scordella, il rappresentante della marineria lunedì scorso era andato a riferire in Consiglio comunale chiede direttamente a Mascia: “Dite a queste persone quali sono le speranze immediate rimaste, perche non ne abbiamo più”. Il sindaco comincia a riferire della riunione tenutasi ieri “con chi deve occuparsi direttamente del dragaggio, perché non è il Comune l’ente competente a deliberare”, precisa. “Vi stiamo tutelando”, dice, estendendo il plurale alla Regione e alla Camera di commercio, tutti quelli che ieri hanno avuto colloquio con il Commissario straordinario Adriano Goio, con il Provveditorato alle opere pubbliche e con il n° 2 della Protezione Civile, Nicola Dell’Acqua. “E’ stata chiesta l’assegnazione dei poteri straordinario a Goio”, spiega Albore Mascia, “ed è stato deciso di procedere a delle nuove analisi sul fondale da dragare: non un’altra perdita di tempo, ma un punto di partenza per una programmazione di intervento definitivo”.
Una volta capito attraverso nuove analisi se il procedimento è migliorabile nei modi, infatti, si potrebbero accorciare i tempi e soprattutto raggiungere una quantità elevata di fanghi da dragare a costi minori; di “migliaia di metri cubi con il milione e 900mila euro di appalti che stanno per partire a breve”. Più diretto Daniele Becci: “Finalmente si sta prendendo la strada giusta: Ieri il Provveditorato ha assicurato che con 1milione e 900mila euro si potranno dragare altri 20mila metri cubi; il tempo di fare le analisi, che la Protezione Civile ha dichiarato di far eseguire entro 6 giorni, e di svolgere gli appalti”. Il punto delle analisi è uno dei più spigolosi, e sul quale Mascia tende maggiormente a precisare le cause: “Non è la politica che vieta di sversare il dragato direttamente a mare, è il ministero dell’Ambiente; ed è l’Arta che ha stabilito che i limi non sono buoni, quindi necessitano di un trattamento più lungo e costoso”.
Un discorso interrotto decine e decine di volte da interrogativi e frasi perentorie a gran voce. “E’ il gatto che si morde la coda: da anni chiacchierate e basta”, urlano i marinai, “Siamo arrivati al punto che la Capitaneria ci chiede quant’è il pescaggio delle barche prima di consentirci di rientrare in porto”, e ancora:“Qui stiamo a chiacchierare, venga a vedere come sono ridotte le nostre barche, come nel porto ci si cammina perché il fondale è alto mezzo metro. Dobbiamo andare via da Pescara prima che succeda qualche tragedia?”. Frasi che lasciano Mascia attonito, prima di continuare a spiegare: “Si è deciso di procedere in due fasi: la prima, di un intervento urgente nella darsena e nell’imboccatura del porto, le zone più crititche, analizzando anche il materiale nella vasca di colmata per capire la sua utilità in un successivo dragaggio da effettuare con i fondi dello Stato; la seconda, entro 4-5 anni per un intervento definitivo sull’intero porto”.
Sotto accusa, soprattutto la diga foranea, accusata di fare da tappo ai detriti trasportati dal fiume che, nel tempo, vanno a formare l’enorme cumulo di fango: “Con le abbondanti piogge di questi giorni il fiume avrebbe scaricato direttamente in mare tutto il fango depositato, invece con il tappo formato dalla diga siamo arrivati ad un accumulo di 100mila metri cubi di fango”, osserva l’armatore Riccardo Padovano che dal porto di Pescara se n’è andato “ad Ortona, perché se rompo un elica perdo 20mila euro: l’equivalente di un anno di lavoro”, critica. “Prima avete rovinato il porto con la diga, ora cacciate i soldi per pulirlo”, grida uno degli uomini dalla folla.
Presente alla manifestazione anche Sabatino Di Properzio, uno dei principali imprenditori operanti nella struttura: “Procedere con le analisi a tamburi battenti è un punto di partenza basilare”, sostiene in accordo con Albore Mascia, “perdere ancora un po’ di tempo serve per capire come agire al meglio senza un ulteriore spreco di soldi: l’importante è arrivare ad una programmazione definitiva, i tempi si possono accelerare accentrando i poteri nelle mani del commissario Goio”.
Da più parti arrivano proposte, e da altrettante giungono risposte. In molti sono a chiedere il raggiungimento di deroghe permettenti di sversare direttamente in mare il materiale dragato, eliminando costi e tempi dei trattamenti dei fanghi, ma il ministero ha vietato il procedimento già da alcuni anni e “le deroghe possono arrivare solo dal Presidente del Consiglio”, dice Di Properzio. Sulla proposta dell’utilizzo della vasca di colmata rimane un dubbio di fondo: “non una soluzione immediata, utile solo ad un parcheggio dei fanghi in una fase secondaria”, continua Di Properzio; “Bisogna analizzare il materiale all’interno, svuotarla ed impermeabilizzarla”, scoraggia Mascia.
Intorno alle 11:00 Mascia e Becci hanno lasciato il picchetto dirigendosi verso la Capitaneria di Porto, invitando anche una rappresentanza a seguirli per un colloquio con il Comandante Pietro Verna. Ma il gruppo rimane fermo e compatto nella protesta: “Non ci andiamo. Venga lui, se ha il coraggio, a dire a tutti che il porto deve chiudere”. Tante, infatti, le restrizioni imposte alle navi: dalle manovre di estrema delicatezza che rallentano i ritmi del lavoro, ai divieti alternati di ingresso e uscita dal canale, ad onerose regole per la sicurezza dei rifornimento come dotazioni schiumogene e personale antincendio addetto. Se Verna non va alla montagna, i marinai restano saldamente fermi al mare.
Il Comandante della Direzione Marittima, a seguito del colloquio con Mascia e Becci, ha inviato sull’asse attrezzato il Tenente di Vascello Stefano Luciani per parlare con i pescatori: “In particolare la marineria ha chiesto al Comandante Verna di emanare un’ordinanza per consentire di ormeggiare i pescherecci, in via temporanea, nella fase dell’emergenza, sulla banchina commerciale, anziché all’interno del porto canale, dove i fondali versano in condizioni più difficili. Inoltre”, ha riferito il sindaco in una nota del pomeriggio, “hanno chiesto anche la revisione dell’ordinanza emanata circa un mese fa per disciplinare la navigabilità in seno al porto canale proponendo di riesaminare la parte in cui si vieta l’ingresso nel porto canale alle imbarcazioni che hanno un pescaggio superiore a 2,20 metri. Personalmente ho ascoltato tali proposte che ho già dirottato al Comandante Verna in una lettera inviata nel pomeriggio, certo della massima attenzione che il Comandante saprà prestare alla problematica che ci vede impegnati da mesi. I pescatori, che ancora una volta ringrazio per la civiltà dimostrata oggi, hanno poi accettato di smobilitare il presidio, intorno alle 12.30, con l’impegno di un contatto quotidiano per essere costantemente informati circa lo sviluppo della vicenda, proponendo un aggiornamento tra sette giorni esatti”.
Una protesta proseguita per tutta la mattinata fino alle 12:30. Hanno lasciato il ponte solo La marineria ha poi presentato alcune istanze da dirottare al Comandante della Direzione Marittima il quale ha inviato sull’asse attrezzato il Tenente di Vascello Stefano Luciani per parlare con i pescatori: “In particolare la marineria ha chiesto al Comandante Verna di emanare un’ordinanza per consentire di ormeggiare i pescherecci, in via temporanea, nella fase dell’emergenza, sulla banchina commerciale, anziché all’interno del porto canale, dove i fondali versano in condizioni più difficili. Inoltre – ha proseguito il sindaco Albore Mascia – hanno chiesto anche la revisione dell’ordinanza emanata circa un mese fa per disciplinare la navigabilità in seno al porto canale proponendo di riesaminare la parte in cui si vieta l’ingresso nel porto canale alle imbarcazioni che hanno un pescaggio superiore a 2,20 metri. Personalmente ho ascoltato tali proposte che ho già dirottato al Comandante Verna in una lettera inviata nel pomeriggio, certo della massima attenzione che il Comandante saprà prestare alla problematica che ci vede impegnati da mesi. I pescatori, che ancora una volta ringrazio per la civiltà dimostrata oggi, hanno poi accettato di smobilitare il presidio, intorno alle 12.30 con l’impegno di un contatto quotidiano per essere costantemente informati circa lo sviluppo della vicenda, proponendo un aggiornamento tra sette giorni esatti con il sindaco.
Nel mentre il traffico veniva congestionato. Chiuse già dall’alba le rampe dell’asse attrezzato di piazza Italia e piazza della Marina, con uscita obbligatoria delle auto provenienti da Chieti in piazza Unione, al cementificio o all’ex Camuzzi. Svolta vietata in Piazza Italia: corso Vittorio, soprattutto all’ora di punta di uscita da scuole e ufficio, si è trasformata in un enorme ingorgo. Traffico intasato anche all’uscita dell’ex Camuzzi, con file che si sono determinate in via Conte di Ruvo, via D’Annunzio e corso Vittorio Emanuele, all’incrocio con piazza Duca D’Aosta Per snellire la viabilità a sud, la Polizia municipale ha anche consentito la marcia contromano mare-monti delle vetture provenienti da via Andrea Doria, permettendo loro di proseguire verso via Marco Polo. “Fortunatamente alle 12.30, quando la marineria ha accettato di liberare l’asse attrezzato, la situazione è rapidamente tornata alla normalità, con la riapertura al traffico delle rampe dell’asse attrezzato e la viabilità che ha riacquistato la sua consueta fluidità”, ha dichiarato l’assessore alla Mobilità Berardino Fiorilli,
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Daniele Galli